"Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto." (Italo Calvino)
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ARGOMENTO: [#3] Riscrittura (racconti)

[#3] Riscrittura (racconti) 07/06/2016 09:10 #17705

A me è capitato spesso di desiderare di riscrivere un capitolo di un libro, un racconto, una scena di un film, il finale di stagione di una serie, una puntata di un qualche fumetto amato per una volta meno convincente del solito. Perché non darsene la possibilità proprio anche qua su Alternativa Universi?


Per farlo abbiamo tempo fino al 31 luglio compreso per postare un racconto di riscrittura.

Ricordatevi che:
- Il numero di battute consentito per questa tornata è di 20000 (spazi compresi, titolo escluso); potete controllare il numero esatto di battute dei vostri racconti su questo sito gratuito CONTA BATTUTE
- I racconti devono avere un proprio titolo e devono essere postati in forma anonima, effettuando il login con nome utente Titivillus e password universi.
- A fine racconto, rigorosamente all'interno di uno spoiler, l'autore dovrà indicare il titolo del romanzo/racconto/film/telefilm/fumetto del quale ha riscritto una parte (o tutto)
- Qui potete trovare il regolamento completo REGOLAMENTO:

RACCONTI IN GARA
- A Silvia rmx feat. SorryLeo - 2.0 (1904)
- Rocío (19339)
- Cuore a metà (5416)
Ultima modifica: 01/08/2016 00:29 Da arturobandini.
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Re: [#3] Riscrittura (racconti) 15/07/2016 10:43 #17807

A Silvia rmx feat. SorryLeo - 2.0

Silvia, ricordi ancora
quando stavi giorni, mesi al cellulare
la fotocamera emettea
luci di flash abbaglianti e fuggitive
e tu, seria e dubbiosa, nel postare
foto diversa ti smarrivi?
Sonavan le casse
bluetooth nelle vie dintorno,
al tuo continuo canto,
allor che smalti femminili intenta
spandevi, assai contenta
di quel nero lavor ch’ora facevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così guadagnare il soldo.
Io le mail del cazzo
talor lasciando e le archiviate carte
ove l’obbligo mio primo
e di me si spendea la maggior parte,
d’in su le vetrate del padron orpello
porgea gli orecchi al tuo inglese feroce,
ed alla man veloce
che incastonea un’altra finta pietra.
Mirava il ciel sereno,
le vie asfaltate e sporche,
e quinci il TAV da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
com’io gridava in seno.
Che pensieri gravi,
che circostanze, che troie, o Silvia mia!
Quale allor di guapparìa
è la vita umana, da sto lato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
una rabbia mi preme
potente e incontrollata,
e tornami a pensar vita futura.
O natura, o natura,
perché non rendi allor,
quel che prometti poi? perché dio santo
inganni i figli tuoi?
Tu pria che la Fiamma venisse d’inverno,
da chiuso POS, senza fattura e incinta,
chiudevi, o tenerella. E non vedevi
i contributi degli anni tuoi;
non ti prendea disoccupazione
né esenzione or dello stato infame,
or delle casse ladrate a schifo;
né teco coi sindacati ai dì festivi
che tesseravan e stop.
Anche per me fra poco
quella rabbia così forte: agli anni miei
anche negaro gli arretrati
quella monnezza. Ahi come,
come passato sei,
caro contratto dell’età mia nova,
mio lacrimato premio!
Questo è quel mondo? Questi
i progetti, i mutui, i figli, gli eventi
onde ogni tanto ragionammo insieme?
Questa la sorte delle medie genti?
All’apparir del padre
tu, misera, cadesti: e nella mano
sotto una fredda unghia dopo la colluttazione
nascondevi DNA invano.

:pinch: Attenzione: Spoiler!
Fragmina verborum titivillus colligit horum
Quibus die mille vicibus se sarcinat ille.
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Re: [#3] Riscrittura (racconti) 30/07/2016 14:45 #17837

Rocío

Rocío ha paura, una paura fottuta. Si guarda attorno e non riesce a scorgere nulla che la possa rassicurare, che le permetta di superare la sensazione di terrore che sta crescendo dentro di lei. Cerca di pensare ad altro, di concentrarsi su qualcosa di rassicurante, su qualcosa che le conceda di sentirsi tutto ciò che normalmente è. Il suo cervello gira a una velocità impensabile, provocandole addirittura un capogiro. Alla fine i pensieri la conducono verso la voce di sua nonna Carmen. E' come se potesse ascoltare fisicamente la voce rauca a causa delle troppe sigarette della sua abuelita. E' come se fosse tornata bambina, quando le venivano cantate le canzoncine della buona notte, o narrate quelle filastrocche che la facevano tanto ridere e divertire. Si aggrappa a quel pensiero e le sembra persino di udire la voce amata, come se la sua nonnina fosse davvero lì con lei.

Un elefante se balanceaba
sobre la tela de una araña
y como veía que no se caía
fue a llamar a otro elefante.


La realtà la cattura nuovamente, feroce e imparziale, riportandola al suo tragico presente. E' attorniata dai ragazzi della MS-13, gli stessi che un'ora prima l'hanno rapita per portarla al proprio covo. Sono tutti centroamericani, sono aggressivi, pieni di stimolanti, oltre che del naturale testosterone dovuto al loro genere. Per loro la vita conta poco, una sigaretta non concessa, uno sguardo storto in un locale, uno stop non rispettato. A Los Angeles le gang hanno sempre governato i quartieri periferici, quelli dei latinos, con il pugno di ferro. Ma la Mara Salvatrucha ha cambiato l'ottica generale, servendosi di una violenza ancora più assoluta, offrendo droga persino ai fratelli più giovani, oppure stuprando le sorelle e le cugine degli amici. I mareros danno spesso fuoco ai negozi per puro divertimento, anche quelli i cui gestori hanno pagato loro la protezione.
Rocío osserva i suoi rapitori venirle vicino, farle dei gesti osceni, i volti contorti da espressioni inequivocabili. Sa che stanno rimirando la merce, che prima di sera la potranno possedere tutti. Devono solo aspettare che il loro capo torni, perché il primo boccone spetta a lui soltanto. La ragazza è il regalo di compleanno dei mareros al loro conducator, a El Gordo. Rocío sa di essere bella, molto bella, lo vede negli occhi degli uomini che la osservano, nell'invidia delle altre ragazze quando hanno a che fare con lei.
“¡Mira, bonita, mira el joderon!”
Rocío volta il capo spaventata, perché il ragazzo che tutti chiamano El Puma, le ha messo il proprio pene a pochi centimetri dagli occhi. Lo chiama “cazzone”, ma in realtà a lei sembra soltanto un tubetto piccolo e insulso. Quelli che ha osservato di nascosto sul computer della sua compagna di scuola Inés, erano tutti ben più grossi e nodosi. Ma quello di El Puma è più minaccioso, perché reale, tragicamente tangibile. Quel pene è lì. Lei è lì. E attorno ve ne sono tanti altri, tutti rapaci, tutti desiderosi di scoprire il fiore nascosto tra le sue gambe.
Rocío ha solo tredici anni, ma come spesso capita alle latine sembra più grande, lo sviluppo già quasi del tutto portato a termine, dato che il primo sangue le è venuto che faceva ancora le elementari. Eppure è vergine, a differenza della maggior parte delle ragazze del quartiere, anche decisamente meno belle di lei. Non per moralismo o condizionamento religioso, ma semplicemente perché ha avuto modo di vedere cosa sia successo alla madre.
La sua mamacita ha partorito per la prima volta quando era addirittura più giovane di Rocío. E' sufficiente un uomo sbagliato, una storia sbagliata, e la vita ti porta tutta la sofferenza che si possa immaginare. Per la vergogna la sua famiglia l'ha cacciata via dal paesino in Messico, facendo in modo che raggiungesse dei parenti in California. Dopo il primo uomo sbagliato e il primo figlio abbandonato, ne sono venuti altri, e nessuno è rimasto con lei. Uno è morto, gli altri sono in carcere, mentre la figlia più grande è già sposata, madre ad appena diciassette anni. La mamma di Rocío ne ha solo trentanove, ma potrebbe raccontare secoli di umiliazioni, prostituzione, semplice sfortuna. Si chiama Dolores, un nome ironicamente adatto per lei, scritto dentro stelle bastarde e spietate. Su di lei sono ancora presenti le vestigia dell'antica bellezza, ma dall'espressione degli occhi e dalla postura della schiena, sembra una povera vecchia. E' spenta, anche se adesso la sua vita è migliore, da quando lavora come domestica per i Johnson. E' stata l'abuela Carmen a trovarle quella sistemazione, per il bene suo e soprattutto per quello di Rocío. Non è davvero sua nonna, bensì la vicina di casa di quando stavano ancora nel quartiere, la donna che si è occupata di lei e dei suoi fratelli durante gli anni sregolati della vita di Dolores. Ma ormai è come se lo fosse, e negli ultimi tempi è diventata sempre di più il punto focale dell'esistenza della ragazza.
Di nuovo, Rocío sente la voce tanto cara e di nuovo nelle sue orecchie esplode una filastrocca per bambini.

La vaca Lola, la vaca Lola
tiene cabeza y tiene cola.
La vaca Lola, la vaca Lola
tiene cabeza y tiene cola.
Y hace muuuuuu...


Ma Rocío non può evadere dalla realtà per troppo tempo, perché la realtà è lì, tutto attorno a lei, minacciosa ed ineluttabile. La ragazza cerca di cambiare posizione, per riattivare almeno in parte la circolazione. I mareros l'hanno legata strettamente ai polsi e alle caviglie, feroci e spietati. Rocío si divincola nei suoi vestiti larghi, messi apposta per cercare di non dare nell'occhio, per rendersi invisibile agli occhi degli uomini.
Se l'hanno presa è in parte colpa sua, o almeno la ragazza pensa che sia così. Non ha evitato certe strade del quartiere, quelle dove di sicuro avrebbe incontrato i ragazzi della gang. Aveva fretta di portare le medicine alla sua abuelita, e si è dimenticata di quello che da sempre sa. Per risparmiare dieci minuti di strada, si è messa nel guaio più grande della sua vita, e adesso non riesce a capire come potrà venirne fuori.
Da quando vive nella villa dei Johnson e ha cambiato anche scuola, ha cominciato a rilassarsi troppo. Si è dimenticata di che cosa significhi stare sempre attenti, della cautela che si deve impiegare nel quartiere per evitare brutte sorprese, anche soltanto il semplice borseggio di un sacchetto di pane. Cane mangia cane, vite dure, in un luogo dove non ci sono quasi uomini maturi, per la maggior parte finiti in carcere o al cimitero. Rimangono soprattutto ragazzi cresciuti troppo in fretta, donne sole con i figli piccoli e vecchi rottami, distrutti da lavori umili e logoranti, o dalle droghe e dall'alcol.
Rocío si sente causa del suo mal, e se potesse si prenderebbe a schiaffi. Non è abituata a sentirsi debole e poco intelligente, non è abituata ad essere nelle mani di qualcuno e a non poter fare nulla. Il suo sguardo incrocia quello di un ragazzo della sua età, ancora magro di quella magrezza della pubertà, senza un pelo sul viso. Un tatuaggio in lavorazione spunta sul suo avambraccio, ma per il resto potrebbe essere un normale studente delle medie. Invece è un corridor, un aspirante marero, uno dei ragazzini che vengono impiegati dalla gang per fare piccole commissioni e portare messaggi che non possono essere affidati alla rete.
A Rocío sembra spaventato quasi quanto lei, intento a fissarla con una sguardo da gufo. Nella tradizione popolare si dice “sguardo da pesce lesso”, ma a lei gli sguardi maschili sembrano più simili a quelli dei rapaci notturni. Fissi, con le palpebre che sbattono lentamente, come tergicristalli programmati al massimo della dilatazione temporale. Anche Peter, il figlio dei Johnson, la guarda così. Non si è mai azzardato a farle nulla, troppo timido e impedito. Rocío sa bene quanto il ragazzo lo desidererebbe e ci gioca. Ma con il giovane marero no, non può giocare.
All'improvviso le monta una rabbia, quella rabbia che fino ad ora è rimasta nascosta sotto al terrore. Digrigna i denti e sulle labbra appare chiaro un “hijo de puta”. Lui se ne accorge e diventa prima rosso, per poi alzarsi incazzato ed andare verso di lei con fare minaccioso, tra le risate generali. La raggiunge e alza un braccio pronto a colpirla. Ma prima che possa iniziare il movimento, sulla scena irrompe una voce forte e potente.
“Cazzo fai, polluelo de mierda? Vuoi danneggiare il mio regalo? Te mato, hijo de puta!”
Il giovane corridor sbianca in volto e corre via terrorizzato, di nuovo oggetto dell'ilarità collettiva. Si è beccato per due volte in pochi istanti del figlio di puttana e non è altro che la verità. E la verità fa male.
El Gordo è arrivato e tra poco festeggerà il suo venticinquesimo compleanno con Rocío come torta. E' già un successo aver raggiunto un'età così veneranda, data la sua attività professionale, ed è un miracolo esserci arrivato fuori dal carcere. E' un uomo molto brutto e grasso, come da soprannome. Ma non è uno di quei ciccioni molli, bensì un tosto bastardo, incredibilmente cattivo, un'autentica carogna.
La speranza è finita, ormai non c'è più nulla da fare o da dire. L'inevitabile sta ormai per realizzarsi, in tutta la sua fredda ineluttabilità. Alla ragazza non resta che affidarsi alla Madonna, a quella Maria del Rocío, alla quale deve il suo nome. Forse a causa della suggestione religiosa sente ancora una volta la voce della sua abuelita, intenta a cantarle la sua canzoncina di Natale preferita.

Ande, ande, ande
la Marimorena,
ande, ande, ande
que es la Nochebuena.


El Gordo va verso di lei, con un passo studiatamente baldanzoso e molleggiato, quello che tanto piace ai suoi uomini. Questi ultimi cominciano a battere le mani a tempo, perché sanno che dopo che il capo sarà passato sopra e dentro la ragazza, ce ne sarà anche per loro. La passerella viene interrotta da un nuovo colpo di scena, degno di un film d'azione di serie Z, lo stesso tipo di cinema violento di cui i mareros sono letteralmente drogati.
Due schiocchi poderosi risuonano nel capannone che funge da covo. Tutti si girano, e si trovano di fronte a un personaggio del quartiere, noto come El Antero, armato di una mazza da baseball. Rocío non ha idea di che cosa significhi “antero”, forse non conosce abbastanza lo spagnolo, ma ha sempre provato una strana forma di curiosità nei confronti di quell'uomo. Questi non è molto alto ed è ormai sulla cinquantina, eppure possiede ancora un corpo muscoloso e dinamico. E' stato in missione coi marines durante la Prima Guerra del Golfo e si dice che sia tornato in patria afflitto da un grave disturbo da stress post traumatico, dal quale non si è mai ripreso. Va in giro vestito con abbigliamento militare, estate ed inverno. Il suo vero nome è Pablo, ma quasi nessuno lo chiama così, intimoriti dal suo volto privo d'espressione e dai modi bruschi, seppure non maleducati. Rocío lo conosce bene, perché la sua abuela ha aiutato spesso l'ex militare, dandogli da mangiare nei momenti più cupi e trovandogli dei lavoretti con i quali l'uomo ha potuto mantenersi. La ragazza sente emergere dentro di lei un'assurda speranza, anche se non sa ancora da dove possa provenire. Pablo è evidentemente lì per salvarla, anche se Rocío non saprebbe dire come.
El Antero avanza, mettendosi davanti a El Gordo, entrambi circondati dai mareros. I due sono alti uguale, ed esprimono energia ed autorità, anche se in modo diverso.
“Che cazzo vuoi, loco? Ti avevo detto di stare alla larga dalla Mara”.
Yo sé, Gordo, ma i tuoi hanno preso la ragazza sbagliata”.
Il ciccione scoppia a ridere, così come i mareros, isterici. El Antero fa paura più a meno a ognuno di loro e se fossero da soli non lo affronterebbero, di certo non uno contro uno. Ma ora sono in tanti e sono tutti armati.
“E chi lo dice, pedazo?”
Abuela Carmen. Rocío è la sua nietita, e non si tocca. Le gang messicane non avrebbero mai preso una ragazza del quartiere, non di soli tredici anni. Lasciala andare, ahora”.
Nel quartiere tutti sanno quasi subito cosa sta succedendo. Dei vicini di casa hanno visto mentre i criminali rapivano la ragazza e hanno subito avvertito la nonna.
“Cazzo vuole quella vecchia de mier...”
L'ex militare non lascia che il piccolo boss insulti la donna. Scatta in avanti e prende El Gordo per un braccio, stringendolo duramente. I ragazzi della gang si avvicinano per intervenire, ma il loro capo scuote la testa, facendoli allontanare di nuovo, dopo essersi divincolato. Deve essere lui stesso a risolvere la situazione, non può farsi mettere in difficoltà da un loco qualunque. Ma El Antero non è un uomo qualunque e tanto meno un pazzo.
“Sai bene che la vecchia signora vi ha rattoppato tutti almeno una volta, e che non vi ha mai denunciato alla polizia. Volete che tutto questo continui, o preferite morire per strada? Lascio a te la scelta, Gordo”.
Il capo sa già di aver perso, di non poter trattenere la ragazza. Appena possibile farà i conti con quelli che l'hanno presa, ignorando che fosse la nipote dell'abuela Carmen. Quella donna anziana è forse l'unica intoccabile del quartiere, perché lui le deve la vita e non si metterà mai contro di lei. Prima l'ha insultata, ma solo perché stava parlando davanti ai suoi e non poteva mostrare debolezza alcuna. Non sa ancora come uscirne, non senza fare una figuraccia con i ragazzi. In maniera un po' infantile, tenta la carta del disprezzo.
“In ogni caso, non era un gran regalo. E' sempre vestita con quegli abiti larghi, da uomo. Magari là sotto c'è una sorpresa, un pajaron. Prendila pure e toglietevi dal cazzo, prima che decida di farvi accoltellare”.
Tutti i mareros scoppiano a ridere, ma la tensione è ancora tangibile e nessuno sembra divertirsi davvero. Sono spaventati, perché non sono abituati a vedere El Gordo cedere così facilmente. E' una situazione che non riescono a capire, che li destabilizza.
El Antero si avvicina rapido a Rocío e taglia le corde che la legano. Lei cerca di alzarsi, ma la poca circolazione fa sì che la ragazza non riesca a trovare la sensibilità nelle gambe, finendo per cadere sulle ginocchia. Nuove risate isteriche. I due sono ancora in pericolo, ed entrambi ne sono perfettamente coscienti. Non si sfugge facilmente alla Mara.
L'ex militare la solleva delicatamente con le sue braccia poderose e Rocío afferra il collo dell'uomo con forza. Avverte un sentore di sudore provenire dal suo salvatore, ma non la infastidisce, perché pur essendo intenso, non è per nulla sgradevole. El Antero ha un odore buono da uomo, quello che alla ragazza manca da quando l'ultima figura maschile della sua famiglia, il fratello maggiore Roberto, è stato arrestato e condannato a dieci anni di prigione.
Oggi la sua mente ragiona più per suoni che per immagini e mentre Pablo la porta fuori dal capannone, le viene in mente la canzone che Bertito le cantava sempre quando la prendeva in braccio e la faceva girare.

"Y volver volver, volver a tus brazos otra vez,
legaré hasta donde estés
yo se perder, yo se perder,
quiero volver, volver, volver" .


Rocío è totalmente abbandonata tra le braccia dell'ex militare, il cervello invaso dal ricordo della voce del fratello. Quasi non si accorge di come El Antero la stia trasportando fuori dal capannone/covo dei mareros, e si perde gli sguardi straniti e delusi dei delinquenti. Non che questo possa fare la differenza, ma almeno le evita qualche ansia supplementare e diverse occhiatacce.
Il suo salvatore la porta di peso a un centinaio di metri di distanza apparentemente senza fatica, e poi la mette giù delicatamente.
Niña, adesso dovresti riuscire a camminare. Sfregati i polsi e le caviglie e vedrai che riattiverai la circolazione”.
Rocío è quasi delusa, perché avrebbe voluto rimanere abbarbicata a El Antero ancora per un po'. Le manca il tocco delicato e affettuoso di un padre, quello che nemmeno il fratello maggiore ha saputo darle. Gli uomini o i ragazzi non la toccano mai in maniera netta, c'è sempre qualcosa sotto, anche quando non cercano di palpeggiarla. E' come se ne avessero l'intenzione, come se quella mano potesse scendere all'improvviso per ghermirle un fianco o il sedere, oppure salire fino al seno. L'ex militare no, lui le ha riservato solo gentilezza disinteressata. E' un uomo strano e forse pericoloso, ma con lei non è mai stato ambiguo, neppure una volta.
Rocío si sfrega forte, e piano piano riesce a recuperare la sensibilità alle mani e la stabilità sulle gambe. Mentre le funzioni vitali ritornano, dentro di lei emerge una strana euforia, quella sensazione tipica che ci coglie quando abbiamo scampato un pericolo. Si sente spavalda, più di quanto normalmente non sarebbe, gentile ragazzina di tredici anni. Si gira con fare bellicoso verso il capannone dei mareros e finalmente si accorge che sopra l'entrata vi è un immenso mural sul quale è dipinto uno splendido lupo ululante.
¡Para la Virgen! E' stata nel ventre del lupo e non se ne è neppure accorta! Forse è meglio così, perché altrimenti avrebbe provato una paura ancora più grande. Vorrebbe sputare per terra come gesto di sfida, ma si avvede di come alcuni ragazzi della gang siano fuori dal covo e di come li stiano osservando e cautamente decide di evitare. La spavalderia va bene, ma a volte è meglio potersela permettere e non è questo il caso.
El Antero le indica una vecchia Dodge scalcagnata, una di quelle macchine che fuori dalle periferie dei latinos si vedono solo più a Cuba, e i due salgono veloci. L'uomo mette in moto e guida al massimo della velocità consentita dal mezzo, allontanandosi rapido dai mareros e da El Gordo. Meglio non sfidare ancora la fortuna.
Dopo qualche minuto trascorso in silenzio, Rocío si azzarda a porre una domanda all'ex marine.
Senhor Pablo” così la sua abuelita le ha insegnato a chiamarlo, “ perché ti chiamano 'El Antero'? Non mi sembra esattamente spagnolo, anche se forse io non lo parlo così bene come dovrei”.
L'uomo rimane in silenzio per lunghi istanti. Sembra nuovamente assente, a differenza di quando ha sfidato il capo della gang. Il suo volto ora è spento, apatico.
Pequeñita, è semplicemente il mio soprannome americano pronunciato alla spagnola. Sotto le armi mi chiamavano 'hunter', cacciatore, perché ero molto bravo a stanare la gente di Saddam. Nel quartiere l'hanno subito cambiato in 'antero'”.
Rocío sorride, stupita di non esserci arrivata da sola.
Dopo una decina di minuti, arrivano sotto il grande caseggiato fatiscente dove vive abuela Carmen. Rocío non vede l'ora di raccontarle la sua avventura e di magnificare l'intervento del suo salvatore. El Antero ferma la macchina dolcemente, e la ragazza scende come un fulmine, dopo avergli schioccato un bacio sulla guancia.
Appena arriva sul marciapiede, la coglie una ventata gelida dall'oceano. A Los Angeles l'aria che arriva dal mare si incunea tra le vie larghe e i palazzoni, prendendo ulteriore velocità. Durante l'inverno non fa mai davvero freddo, ma spesso il vento punge, fastidioso. La ragazza si ferma e tira su il cappuccio rosso fiammante della sua felpa sportiva per ripararsi. In quel momento la sua testa è l'unico punto di colore nel grigiume di quella periferia dimenticata.
Nemmeno se ne rende conto, ma è finita in una strana sorta di fiaba moderna, simile ad una antica, famosissima. Certe storie si ripropongono sempre, anche a distanza di migliaia di chilometri o di un paio di secoli.

E tutti vissero felici e contenti, almeno per un po'.

:pinch: Attenzione: Spoiler!
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Ultima modifica: 30/07/2016 15:52 Da Titivillus.
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Re: [#3] Riscrittura (racconti) 31/07/2016 13:25 #17838

Cuore a metà

Sam era supino sul pendio di roccia grigia. Ansimava profondamente e ritmicamente, ma l'aria era povera di ossigeno. Il disco solare rosso pareva penetrasse nelle profondità della montagna, lasciando venature pulsanti in evidenza.
Sam aveva lottato con quello che ormai era diventato un mostro, Gollum. Una creatura debole, derelitta, pietosa e avida. E aveva deciso di eradicarla portando a termine la sua vita. Si ricordava le parole di Gandalf, ma in cuor suo aveva sempre saputo che quella era la sua giusta fine. Lo detestava eppure lo sentiva affine. Aveva portato anche lui l'anello, seppur per poco tempo, e poteva intuire come gli avesse divorato l'animo.
Si issò in piedi a fatica e guardò verso la cima. Padron Frodo era avanti e non poteva lasciarlo solo. Ricominciò a mettere un piede davanti l'altro, inerpicandosi tra i massi ed evitando passaggi troppo impervi. Il panorama brullo e tetro rendeva il cammino ancor più difficoltoso.
Poi lo vide. Frodo si ergeva diritto e immobile, nero contro il rosso fuoco della fine del viaggio, della fine del tutto. Pareva come se avesse ripreso le forze. Sam gridò, ma la sua voce venne coperta dal rombo del Monte Fato.
Frodo parlò con voce potente e cavernosa che si amplificò all'interno dell'antro roccioso. <<Sono venuto. Come è stato deciso. Ma solo ora mi accorgo dell'errore che ho commesso. No, questo anello ora è mio!”
L'hobbit se lo infilò al dito e scomparve alla vista. Sam rimase ammutolito mentre mille pensieri gli vorticavano in testa. Era il suo padrone, ma soprattutto il suo amico, e ora forse non era più nulla. Il rumore di passi lo ridestò e si mise ad ascoltare meglio.
Un sollevarsi di sabbia color fuliggine vicino a lui improvvisamente lo attirò e sollevò l'arma come per istinto. Un fiotto di sangue sgorgò mentre un dito volava a terra. Un passo più in là padron Frodo di nuovo a terra, di nuovo debole e sfinito, di nuovo quello di prima.
“Sam. Non ce la faccio. Aiutami. Distruggi il mio fardello. Forse era destino che toccasse a te e Gandalf lo sapeva. Ti prego, fai in fretta. Non riesco più a sopportare il dolore.” Le sue parole erano vacue, come se a pronunciarle fosse uno spettro immateriale.
Sam guardò il dito amputato a terra. Aveva provocato una terribile ferita a Frodo, non più rimarginabile. Lo aveva deturpato e non poteva fare nulla per rimediare, se non continuare a obbedire e alleviargli l'anima portando a termine il suo compito. Lo aveva già portato in un'altra occasione per cui sapeva a cosa andava incontro. Aveva sentito la nera oppressione nella propria mente, eppur aveva resistito. Condividere lo stesso macigno sostenendosi a vicenda poteva essere l'unica strategia possibile.
Sam si abbassò e prese il dito mozzato. Fece due passi in avanti e sfilò il gioiello tenendolo tra indice e pollice. Poi si arrestò. Sentiva una voce penetrante rimbombargli dentro e che gli offuscava i sensi. Il suo potere era molto maggiore ora, forse per la vicinanza con il suo vero padrone.
Frodo assistette alla scena e cominciò a preoccuparsi. “Sam? Tutto bene?”. L'ansia si fece vivida, in un crescendo tumultuoso. E poi fu la paura. Sam sorrideva e borbottava qualche parola tra sé e sé. Il significato non era distinguibile all'udito, ma il movimento delle labbra era stato osservato ormai fin troppe volte. Tesoro. Il suo tesoro.
“Sam! Che stai facendo? Gettalo subito!”.
Sam si voltò e lo sguardo era carico d'odio. A Frodo parve simile a quello di Gollum e in quel momento cominciò a pensare di aver perso l'amico.
“Ho capito! Basta! Sempre a ordinare!” sbottò iroso Sam. “L'ho già portato. So cosa va fatto. Se vi foste fidato anche prima saremmo già nella Contea a banchettare. Ma voi in verità volete l'anello solo per voi. Vi ha annebbiato la vista e non riuscite a distinguere le cose. Questo non vi appartiene. E' il mio tesoro!”.
Sorpreso dalla violenza delle parole, Frodo si sentì ancora più affranto quando comprese di essere stato la causa. Non aveva più le forze per lottare. L'unica possibilità era tentare di farlo ragionare e di riportarlo indietro.
“Ascolta Sam. Noi siamo stati e saremo sempre amici. Fidati di me. Non darmi l'anello. Buttalo nella lava. E poi ti promettò che rivedremo la Contea. E berremo. E mangeremo. E faremo festa. E faremo esplodere tutti i fuochi d'artificio di Gandalf. E alla fine della festa ci fumeremo dell'erbapipa come ai vecchi tempi. E potrai rivedere la tua Rosa Cotton.”
Il nome dell'amata riabilitò il senso di giudizio nello sguardo di Sam e Frodo ricominciò a sperare.
Improvvisamente però si tramutò in un ghigno rabbioso e malevolo. Sam si gettò sopra il compagno e cominciò a prenderlo a pugni.
“Non possiamo più tornare. Non abbiamo né le forze, né i viveri. Questo è un viaggio di sola andata. E per colpa vostra non rivedrò più Rosa Cotton!”. Sam stava ora sbattendo la testa di Frodo su un masso, mentre un rigolo scuro cominciava a dipingere il terreno come il delta di un fiume alla fine della pianura.
Bastarono pochi secondi. Gli occhi fissi e alzati al cielo, il petto che non si alzava e scendeva più, come un mare piatto senza onde, le dita che caddero a terra prive di forza. Quel che restava di Frodo era solo un corpo da cui il sangue fluiva. E allora Sam fu completamente perso.
Si tirò in piedi. Recuperò l'anello. Comincio a discendere il crinale guardando lontano e rimirando dei grandi uccelli neri puntanti verso la sua direzione.

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