"Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto." (Italo Calvino)

U6-02: Paradise City

N52 di arturobandini

Entro nel locale e come sempre avverto le luci della ribalta su di me: è come se l'occhio di bue mi illuminasse dalle quinte, facendomi risplendere come un faro nella notte. Le donne si girano immediatamente, non necessitano nemmeno di vedermi fisicamente: loro mi "sentono". Una due tre, bionda rossa mora, la prima col seno grande, l'altra con le gambe chilometriche, la terza con il culo più da sballo mai entrato in un paio di pantaloncini aderenti. Le ragazze aspettano che mi sieda al bancone, poi scivolano verso di me, attratte irresistibilmente dal mio fascino. Non devo neppure aprire bocca, non devo neanche citare le frasi dei vecchi film che mi piacciono tanto, quelli 2D del ventesimo secolo:
“Ehi baby, tu ed io non saremo mai amici”.
“Bambina, non ho niente che tu non possa sistemare”.
Una mi appoggia una mano sulla spalla, languidamente, l'altra ride a ogni mia parola, la terza sogna persa dentro i miei occhi con le labbra leggermente dischiuse.
Beviamo molto e parliamo poco, saliamo fino al mio appartamento, entriamo e la notte comincia irrefrenabile e convulsa, un turbinio di lenzuola, tette e chiappe da leccare, da succhiare, da condividere, la mia virilità continuamente sollecitata e immersa ora qui, dopo là.


Dormo a tratti, risvegliato da una delle ragazze, da una carezza, da un sussurro, da due di loro che iniziano a toccarsi aspettando che io possa tornare a soddisfarle.
Ogni mia notte da che ricordo è stata così: due o tre donne, mai una sola, qualche volta addirittura di più. Mentre sono sotto la doccia, dopo che le splendide creature mi hanno lasciato nella tarda mattinata, cerco di pensare al lavoro, alla mia vita, alla mia famiglia, a un qualcosa che mi descriva oltre all'essere un predatore di fica. Niente, nulla balza alla memoria: il mio nome lo conosco, ma non mi dice nulla di particolare, non so cosa faccio per vivere, non so se ho qualcuno o qualcosa al di fuori del mio scannatoio e dei locali dove vado a rimorchiare. Non ricordo di essere neppure mai uscito dal quartiere, non sono mai stato in giro per il mondo, in qualche lontano recesso della grande Città che ormai da qualche secolo ricopre il Pianeta Terra. A dir la verità non ricordo nulla che risalga a più di sei giorni fa.
Nel pomeriggio dormo qualche ora, poi il pene mi risveglia perché esige di essere massaggiato, leccato o immerso nuovamente. Mi vesto, esco e rivolgo i miei passi verso un locale in centro, sicuro di andare incontro ad un'esperienza memorabile. Mangio qualcosa di veloce per la strada e persino l'anziana venditrice di panini mi guarda attenta, un sorriso di desiderio lievemente abbozzato sul volto rugoso.
Appena entrato nel bar, non quello di ieri, due femmine superbe si interessano immediatamente a me: in un batter di ciglia si avvicinano e poco dopo mi portano in bagno, regalandomi un servizietto indimenticabile.
Il tutto prosegue ballando da qualche altra parte, su una pista stretta dove i loro corpi seminudi e caldi, scivolosi per il sudore, si strusciano addosso a me, eccitanti. Finisco in una camera d'albergo sconosciuta, senza più sapere chi siano le prede o il predatore. Raggiungo vette di piacere inaudito attraverso mille fantasiose posizioni: fremo, spingo, mi surriscaldo, quasi non respiro più per l'affanno, ma l'esperienza è totale, assoluta, unica.
Mentre le mie partner riposano avvinte in un abbraccio follemente erotico, mi affaccio alla grande vetrata: la Città sottostante è immensa, sconfinata, l'unica realtà di questa epoca del mondo. La camera è insonorizzata eppure con l'orecchio della mente so quanto grande sia il frastuono del traffico mischiato a migliaia di voci sguaiate che riempiono la notte. Le luci sono ovunque e dappertutto gente cammina sghemba, abbracciata ad altra gente, uomini e donne alla ricerca di divertimento, di sesso, di piacere. Ho nuovamente voglia di scoparmi le due splendide creature che tanto mi hanno fatto godere poco fa e rivolgo i miei passi verso il letto.
All'improvviso mi sento strano, indefinito, scosso: non sto male ma è come se dentro il mio corpo stesse avvenendo una metamorfosi a livello infinitesimale, molecolare. E' come se un'armatura cadesse via, come se un fantasma di un qualcosa che non posso comprendere mi abbandonasse, sostituito da una vecchia e conosciuta fiamma che rientra più rapida del pensiero dopo essere stata ospitata chissà dove e chissà per quanto tempo. Guardo il letto e vi vedo due donne ordinarie, banali, totalmente diverse da come apparivano fino a pochi istanti fa. La comprensione si affaccia dentro di me crudele e corro in bagno a cercare lo specchio: non vedo più il fascinoso e tenebroso predatore di fica, quello che divento ogni volta che posso trascorrere la mia settimana N52 a Paradise City, il “luogo dove tutto è possibile” come recita la brochure, no davvero. Di fronte a me vi è solo Carmelo Allegri, contabile, con la sua/mia faccia da topo, gli occhi troppo ravvicinati, il mento sfuggente, le labbra sottili. E' finita, come sempre, sia per me, sia per le due amanti di questa nottata. Le sveglio, le avverto e ci vestiamo in fretta senza guardarci, colmi di imbarazzo, sapendo di dover raggiungere il primo posto di Polizia: da lì verremo tradotti fuori dal quartiere e torneremo alla vita normale.
Per trecentocinquantotto giorni sognerò la mia settimana di vacanza, la N52, quella in cui potrò prendere la droga psichica legale HMF (hide my face), che mi farà apparire come desidero nell'intimo, permettendomi inoltre di scordare la quotidianità. Assieme a me vi saranno tante altre persone durante le loro ferie, drogate, felici e irriconoscibili.
Nessuno più crede alla vita dopo la morte, fandonia dei tempi andati, in cui la superstizione finiva per mischiarsi all'oggettività, nutrendo culti insensati. Noi il nostro paradiso lo possiamo avere in terra, solo per una settimana all'anno certo, ma a Paradise City ogni sogno diventa realtà.

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