Ed ecco anche le mie considerazioni
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Americano, troppo americano
Ben scritto e di forte impatto "sensoriale": le descrizioni in particolare sanno essere sia eleganti, sia crude e violente. Il finale è perfetto per concludere la storia di un marine "debole di cuore", ma si dimostra purtroppo anche il tallone d'Achille del racconto: forse sarebbe stato più realistico il caso di un soldato che non si fa problemi a sparare, ma che viene scosso fortemente dopo la sua prima uccisione - a livello di trama sarebbe cambiato davvero poco.
Un appunto: i Marine sono un corpo separato dalla Marina (US Navy).
Ingoia l'America
Come già ho detto, il maggior problema del racconto è che, senza volerlo, rende protagonista Daniele, e Dakotah in un certo senso diviene il personaggio che, nella narratologia classica, è l'obiettivo finale ed il premio meritato - la principessa, in sostanza.
Anche la struttura generale suggerisce qualcosa del genere: incontro casuale nei "bassifondi", frequentazione sempre più regolare, emozioni, lui lentamente migliora, fino all'agognato incontro e ricongiungimento, che, però, rimane sospeso, incompleto, ed anzi rovesciato, con Dakotah che passa da premio a trofeo. Nel finale poi il ritorno allo status quo (lei in America, lui scialbo e superficiale), accentuato dalla considerazione dell'autore, lascia un forte senso di incompiutezza e di dubbio nel lettore.
Io credo che se fosse stato più incentrato sulla ragazza, con gli indiretti liberi dal suo punto di vista e senza commento finale, sarebbe potuto venire molto bene.
Maceria
I giochi di parole la parte forse più superflua e trascurabile. Molto, molto più interessante l'ambientazione circense, con i drammi familiari e l'amore "statico, fatto di poca fantasia e tanto lavoro". La fuga di Ricardo riporta in campo di prepotenza quella America che, in precedenza, era stata solo accennata, ed è un ritorno in campo che lascia il segno.
Il finale è, secondo me, un'ottima summa di tutti gli argomenti toccati. La bambina, il circo e i giochi di prestigio, il sorriso, l'America in cui ora lei vive con soddisfazione. Il lieto fine con un tocco d'amaro ci sta perfettamente.
America 3000
Non ho notato il plagio (mi ricorda qualche discorso da film, ma nulla di preciso). Non mi è dispiaciuto, con i suoi tocchi di science-fiction mischiati al sapore del viaggio classico, "di scoperta". Forse molti voti negativi sono dovuti al fatto che è stato valutato come racconto, mentre è più un aneddoto, e come tale non deve per forza avere capo e coda, o lasciare qualcosa. Può benissimo essere fine a se stesso.
Certo, poteva essere un pelo espanso, forse con qualche protagonista ben delineato.
AMERICA ROSSI
Anche questo un aneddoto, con finale a sorpresa. Un po' fuori posto nell'insieme dei racconti, e per questo difficile da valutare. In complesso, non eccelle ma nemmeno brilla. Avrebbe giovato di una più lunga preparazione, prima del twist finale.
Alaska
Mio. Rileggendolo direi che sono stato l'unico ad aver affrontato il tema America nel modo più classico in assoluto, e cioè tendenzialmente con lo sguardo ottimista degli autori italiani del dopoguerra (Pavese, Vittorini, ...). Più che altro, nel timore del "fuori tema", ho affrontato quella che è una delle storie più americane in assoluto: la corsa all'oro come realizzazione del mito americano.
Caratterizzazione dei personaggi e precisazioni geografiche piacevoli.
PARTO INDOTTO
Scorrevole e peculiare. Quello che non capisco è cosa abbia a che fare con il tema. Di America ha solo qualche debole accenno geografico, nulla di più. Avrebbe avuto più senso se il protagonista fosse stato, più che il viaggiatore, il viaggio stesso (rimandando quindi a Kerouac e al suo "On the Road", romanzo simbolo della beat generation).
Escludendo l'off topic, mi è piaciuto, in particolare lo stile molto personale e la scrittura dinamica e frizzante.
Storia d'oltreoceano
Il primo aggettivo che mi viene in mente è "confuso". Già dal primo dialogo in ascensore si osservano scene quasi surreali, sospese nel tempo. A metà circa trova la sua strada e la matassa si scioglie, con ottimi risultati, ma forse i caratteri disponibili sono troppo pochi per far affezionare il lettore alla ragazza.
Non male, comunque, nel complesso, soprattutto la seconda parte.
The Garden
Un racconto scritto da un amante del basket per lettori che amano il basket. A me, ignorante e poco interessato all'argomento, ha detto davvero poco. E' il problema di un titolo così generico come "America": possono benissimo capitare racconti molto specifici che sono diretti a un determinato gruppo di lettori.
America
Non so se per problemi di "impaginazione" (discorso diretto, cambio di paragrafo e cambio spaziotemporale sono tutti ugualmente contraddistinti da un a capo) o se era voluto, ma non è per nulla immediato riconoscere un flashback, e capita di dover tornare indietro con la lettura per capire a che punto della storia ci si trova. Avrebbe aiutato forse una divisione a capitoli numerati.
La storia è carina, la reazione degli indigeni un apprezzato cambio dalla tradizionale vittoria degli europei sterminatori. Il finale commovente, con l'amore per il continente America sopravvissuto al pegno che esso ha richiesto.
SIGNORA MAESTRA
Aneddoto personale, che però rimane troppo ancorato alla descrizione dei viaggi di Colombo da parte della maestra. Mi piacerebbe sapere a cosa si riferisce la dedica.
L'idea poteva essere buona, offrendo molti agganci per una storia nella storia, che però non arriva mai, e si rimane sulla sola narrazione storica.
I LIMITI DI NEW AMERICA
Un racconto sci-fi molto, molto classico, ma non per questo di minor efficacia. Peccato che sia una tipologia di racconti che richiede ben oltre 12000 caratteri per esprimersi completamente - con meno di 20 o 30 mila caratteri è quasi impossibile presentare caratteri e ambienti così particolari.
La mia unica ma grossa critica è che di America non ha praticamente nulla. Se a New America sostituissimo New England o New Earth, tutto filerebbe lo stesso. Se fosse stato penalizzato il fuori tema, questo racconto sarebbe stato quello più colpito.
IL GRANDE CUORE DI PHILADELPHIA
Piacevole. Spicca perché è l'unico che riesce a fare di un tema mediocre qualcosa di qualità, pur rimanendo umile e semplice (leggi: senza fantascienza, senza colpi di scena, ecc.).
Secondo me dal prossimo argomento si avranno più racconti di questo tipo, ora che si sono chiarite le tipologie di racconti che piacciono e che vengono accettati.
LA COSA PIÙ BELLA DEL MONDO
La versione estesa di America 3000, con l'aggiunta del sapore amaro dei sogni infranti. Dà voce all'immaginario collettivo degli emigranti verso l'America che finiscono in una situazione peggiore addirittura di quella da cui sono scappati, e lo fa davvero bene, soprattutto con il monologo conclusivo, evocativo e suggestivo.
A ripensarci ora, questo è il racconto a cui avrei dovuto dare il premio della critica.
ROTTE
Idea interessante. Come in Maceria, non ho amato particolarmente gli anagrammi e i giochi di parole. Un'ottima rappresentazione dei personaggi è decisamente il punto di forza.
Non ho ancora deciso se mi sia piaciuto o no il finale con Colombo.
La periferia dell'Impero
Troppo poco realistico per catturare l'attenzione, ma forse è colpa della brevità. Magari approfittando dei rimanenti 4-5 mila caratteri, e dando più spazio alla crescita personale del protagonista, il lettore si sarebbe sentito più colpito dal colpo di scena finale. E' a conti fatti un racconto sull'odio (verso il sistema, verso Pablo,...), e l'odio deve essere ben coltivato perché sia efficace.
In ogni caso, ho apprezzato molto l'originalità - io non avrei mai pensato ad "America --> terrorismo --> McDonald"
America – Desert evening
Un racconto che acquista senso verso il fondo, leggendo la tristezza nel viso del cuoco e la delicatezza in quello della ragazza. In un certo senso mi è sembrato di leggere Autogrill di Guccini, e forse era proprio quella l'idea: a tutti, alla fine, è successo di vivere uno di quei momenti, in posti sperduti, in cui si ha l'impressione di camminare sul filo del rasoio, e che basterebbe un cenno per cambiare per sempre la propria vita. E l'America, con i suoi spazi immensi e canzoni d'amore e solitudine, è il paese che più si presta a una storia di questo tipo.