Re Carlo tornava dalla guerra, lo accoglie la sua terra, cingendolo d'allor: 7
Racconto delicato, idea molto simpatica. Forse un po' fulminea e buttata via la "rivelazione". Una pepita grezza che si poteva raffinare un po'.
Estate 1984: 6,5
Un bel viaggio, ben scritto, tra le inquietudini dell'infanzia. La storia sembra però sempre lì lì per spiccare un salto che in realtà non compie mai. Neanche sul finale è ben chiaro se si volesse andare a parare da qualche parte e dove e lo stesso ritrovamento del cadavere, per quanto climax della storia, sembra quasi una vicenda accessoria.
Ho letto nei tuoi commenti chi sarebbe quel ragazzo biondo che compare sul finale, ma è chiaramente una cosa molto personale che nessun lettore potrebbe mai immaginare. Tutto ciò che il lettore vede è un personaggio che compare improvvisamente e non si capisce bene chi sia, nonostante sembri importante e chiuda personalmente il finale. Il risultato è inevitabilmente di fastidio per il non detto e per la sensazione che il tutto sia soltanto un prologo per un racconto che possiede soltanto l'autore.
V.I.T.R.I.O.L.U.M.: 7
Idea molto bella, curata, studiata... Apprezzo i racconti filosofici. Secondo me però si poteva rendere meglio con uno stile meno piatto e un intreccio meno banale. Alla fine si capisce fin dall'inizio dove vuole andare a parare e la metafora dello scavare. Insomma, idea coraggiosa, ma scrittura non all'altezza, per quanto riguarda l'audacia.
PS: fan di Fullmetal Alchemist?
La lunga attesa: 5
Mah. Qui il racconto più che altro non c'è. Tante, troppe righe (necessarie?) anche vagamente melense su questo schiavo che costruisce un anfiteatro, per poi ricondurre tutto... a un concerto dei Pink Floyd? Non si può costruire un racconto così lungo solo in virtù del finale a sorpresa, che per altro in questo specifico caso risulta anche un po' goffo ed eccessivo.
“On your marks… get set…”: 4,5 + PC
Si sa già cosa sto per dire, anche perchè l'insufficienza grave abbinata al premio critica dovrebbe essere abbastanza chiara.
Racconto completamente fuori tema. Non mi dilungo più di tanto a spiegarlo, perchè sono sulla stessa linea di Tava e le sue spiegazioni valgono anche per me.
Ad ogni modo non penso certo che un titolo come "scavare" vada necessariamente interpretato in maniera concreta come lo scavare una buca. Scavare nei ricordi, scavare dentro di sè o qualsiasi altra lettura metaforica e astratta dello "scavare" va benissimo, purchè sia al centro del racconto; ne costituisca il tema, per l'appunto. In questo caso a me sembra che lo scavare dentro di sè sia soltanto un pretesto, una giustificazione anche un po' ingenua, piazzata a inizio racconto (in un paragrafo quanto mai artificioso rispetto al resto) per poi iniziare a parlare di tutt'altro.
Il tema generale è l'unico paletto di UniVersi (oltre al limite di lunghezza) e bisogna sforzarsi di rispettarlo e metterlo al centro del racconto, altrimenti tanto vale scrivere racconti a caso. Scavare dentro di sè è un'interpretazione valida, ma non è di questo che hai parlato, secondo me.
In tutti gli altri racconti si è parlato di scavare una buca nel terreno, è vero, ma sempre con motivazioni e risultati diversi: il risultato sono state 6 buche completamente diverse fra loro e che però sono riuscite a restare in tema. Alla fine non l'ho trovata neanche una tornata troppo banale nell'interpretazione del titolo, ma dipende se si bada più alla forma o alla sostanza.
Il necroforo: 6
È un bel racconto e mi piace come tratteggia la figura del protagonista, in maniera leggera, senza troppe pretese, con questi piccoli aneddoti. Un terzo posto meritato e forse poteva meritare anche qualcosina in più.
Tuttavia ho già mostrato in passato la mia insofferenza per quei racconti che rompono - spesso ingiustificatamente - il velo fra scrittore e lettore. Non credo fosse necessario precisare e giustificarsi (di cosa poi?) riguardo al collegamento fra la parola scavare e i ricordi che questa ha richiamato nell'autore, così come non mi piace la riflessione finale, assolutamente personale, che nel lettore ispira sentimenti negativi: un po' l'impressione di ascoltare inappropriatamente una conversazione privata, un po' il fastidio di non capire fino in fondo una cosa che riguarda lo scrittore e lui solo e un po' la consapevolezza che quelle righe non siano rivolte a lui (grave peccato imho dimenticarsi che la scrittura, come tutte le arti, è rivolta verso l'esterno); è quasi come essere messi bruscamente alla porta. È anche impossibile scacciare definitivamente il sospetto che sotto sotto ci sia anche il tentativo di arruffianarsi un po' il lettore, per quanto sono sicuro che non fosse questa la tua intenzione.
Alla fine sono gli stessi motivi per cui ho dato un voto più basso anche ad "Estate".
Vecchiaia
Il mio racconto. Che dire? Sono contentissimo del secondo posto, anche se purtroppo ho sofferto ancora una volta il limite caratteri. È veramente difficile costruire una storia in cui i dialoghi costituiscano una parte preponderante (cercando anche di tentare uno stile diverso dai soliti) senza sforare il limite. I dialoghi occupano un sacco di spazio, pur essendo leggerissimi alla lettura e facendo progredire un po' più lentamente la storia rispetto a una fredda descrizione.
Alla fine ho dovuto tagliare molto: alcune scene secondarie che alleggerivano un po' il racconto, alcuni punti di passaggio eliminabili, ma che chiarivano meglio certe cose o che comunque magari davano un tocco di realismo maggiore alla storia... e soprattutto ho dovuto rinunciare a spiegare l'avversione del protagonista nei confronti dei "vecchi". Vabbè...