Ecco i miei commenti.
Come ho spiegato anche nella discussione generale, i miei voti sono anche in base alla corrispondenza fra capacità di scrittura e racconto scritto. Nel caso in cui non dovesse essere chiaro, chiedete pure.
Il viaggio più affascinante – 5,5
Trovo scorrettissima, e anche spiacevole da leggere, la scelta di parlare di un viaggio così intimo e personale in terza persona. Crea un distacco troppo netto che non permette la personalizzazione del racconto. Inoltre non è presente una descrizione sufficiente del protagonista ma solo quei pochi tratti che bastano per allontanarlo da chi legge e non bastano per creare un'immagine chiara. Quindi risulta non solo non vivibile personalmente, ma risulta difficile anche empatizzare.
Se è stato fatto per cercare distacco, anche inconsciamente, è inaccettabile perché l'autore non ha accettato di mettersi a nudo...che è uno dei princìpi cardine di qualsiasi forma d'arte.
In tanti punti si sente che stai parlando di te con sensazioni vere (curiosità, rabbia, soddisfazione), ma hai deciso di far parlare una voce narrante che sembra onnisciente ma spesso dimentica di essere solo osservatrice e si lascia prendere, creando un miscuglio che non mi piace.
Bella l'associazione con l'albero. Non originale ma non importa, è sempre bella e affascinante da leggere.
Quelle barrette energetiche, “unica cosa che gli rimaneva del vecchio mondo”, le avrei utilizzate simbolicamente: lui prima era sempre attento alla linea, soffriva il non essere il più gonfio, non si separava mai dalle sue barrette energetiche e dai mirtilli...quindi, nel momento in cui raggiunge una maturazione o perlomeno ci si avvicina, quelle barrette e quei mirtilli devono sparire (più le barrette perché sono un prodotto più immediato e simbolico).
Il finale è vittima dei nostri tempi malati. Cercare una collocazione reale, un accadimento reale per giustificare, è fuoriluogo e inutile. Il tutto avrebbe funzionato lo stesso, e molto di più, se non fossero state coinvolte altre persone con rimandi reali. Ma, come detto, è una deformazione del posto in cui vive l'autore e il periodo storico: comprensibile ma da evitare.
Se avessi evitato di nominare la Coscienza sin dall'inizio e quindi identificare sin da subito il suo viaggio, secondo me il tuo racconto ne avrebbe tratto beneficio.
Anche se probabilmente non voluto, mi è piaciuta la sensazione scritta all'inizio di due paragrafi: ansia e tristezza. Se il concetto fosse stato portato avanti per tutto il racconto, segnando il percorso emotivo del protagonista con questi “titoli”, avrei apprezzato molto.
Uno, Due e Tre – 6,5
Non è un racconto di facile comprensione e questo è solo un bene, anche perché non valica mai quel limite che lo farebbe diventare un flusso incomprensibile. E' al limite, molto al limite, soprattutto per me che non amo particolarmente il “paracadute” della spiegazione rivelatrice finale. Va bene consentire di mettere a posto i pezzi alla fine, ma alla fine bisogna arrivarci...e io ero lì lì per abbandonare, dopo i primi due. E' stato rischioso e te la sei cavata, vedremo con i racconti futuri se per fortuna o per abilità.
Però lo trovo sbilanciato. Ho letto una connessione molto velata fra Uno e Due. La stessa connessione velata non l'ho trovata fra Due e Tre, ma l'ho percepita molto più esplicita. Personalmente avrei preferito velata per tutti e tre, piuttosto che esplicita. In ogni caso sarebbe stata coerente, mentre nel tuo racconto trovo, appunto, uno squilibrio.
Gli elementi che hai scelto da raccontare non mi convincono, meno ancora mi convince la figura dell'alieno. Continuo a chiedermi: ma è realmente necessario? Oltre all'alieno, siamo sicuri che sia utile dare una forma e un'identità, per quanto fumosa sia, a questo osservatore? Quando troverò la risposta, te la farò sapere
Prendi Thule e scrivila! - 4
Come per quello precedente, anche in questo racconto vedo uno squilibrio. La prima parte parla di un bambino, la seconda di un adulto, la terza di un adulto. La divisione in questi 3 atti, seppur non indichi la sua crescita anagrafica, ovviamente, sarebbe stato più equilibrato distribuirla anche nel tempo. In termini narrativi, sviluppare il secondo atto in un'età più giovane, ad esempio durante l'adolescenza o immediatamente dopo, non avrebbe tolto nulla.
Ho sgradito alcuni termini ed espressioni usati nella prima parte. Mi sono sembrati completamente fuoriluogo e diseducativi, visto che si parla di papà e figlio. “Bambino scemo”, “aveva talmente rotto le palle”...anche perché cozzano completamente con i personaggi.
Questo perché è stato costruito male il loro rapporto dal punto di vista narrativo, oltre che le loro personalità. A me ha dato fastidio vedere il padre continuamente sotto scacco e anche insofferente per questo, fino ad arrivare a “ora stanno iniziando i cartoni. Lo faremo un altro giorno...”. Non c'è tenerezza, non c'è gioco...c'è un padre che si rompe le palle quando il figlio parla, che lo aveva trattato da scemo fino a poco prima e che lo molla davanti alla tv pur di non essere messo in difficoltà.
Nonostante questo, vedo una linea di coerenza fra il loro rapporto e cosa diventa Lorenzo da grande, nel senso che, crescendo con una mancanza di confronto con il padre, Lorenzo può solo diventare una persona che ricerca il “sentirsi utile e ben voluto” senza un contatto diretto.
Azzardo: sei un ragazzo in quella fase che hai saltato cronologicamente, cioè dai 20 ai 27?
Un copione mai scritto - 5
Nel racconto non vengono spese parole per la rabbia, ma io in questo momento la sto provando.
E' un vero peccato veder dedicato a un gioco facile un'ottima capacità di scrittura. Il racconto fedele, la cronaca, è una via facile, ancor di più se con l'ultima Thule si fa riferimento all'amore.
E' rabbia? No, ritratto.
E' dispiacere? Sì. Sì!
Il tempo, l'isola e gli anagrammi - 7
Quando ci si approccia a un racconto simile, è fondamentale la ricerca del linguaggio. E' necessario che ci sia coerenza fra quello che si sta scrivendo e come lo si sta scrivendo. Termini, frasi ed espressioni sono scritte da chi il mondo tanto disprezzato lo sta vivendo, e questo non deve trasparire, soprattutto se si decide di dare voce a chi con il nostro mondo non hanno avuto contatti. Altrimenti quel mondo che dovrebbe farci riflettere, risulta già contaminato dalle nostre malattie, facendo perdere credibilità al racconto stesso.
Per il resto, ho apprezzato molto il racconto e lo sforzo.
Sophia – 9 + premio della critica
Complimenti.
E' veramente piacevole il tuo modo di scrivere e ho apprezzato particolarmente l'aver viaggiato nel tempo. Spesso, e i racconti pubblicati lo confermano, tendiamo a raccontare il presente o il recente passato o un passato non definito o il futuro. Incastrarsi in un passato remoto e definito è difficile anche solo pensarlo: “questo lo ambiento nel '500!”. Se poi è scritto così bene, chapeau.
L'ultima goccia - 6,5
Sento la mancanza di sottotesti, sia nella storia che nei dialoghi. Il racconto è scorrevole ma prevedibile e anche un po' banale, non per quanto riguarda l'aspetto narrativo, ma per quanto riguarda le battute, le reazioni... Come quando leggi per la seconda volta un racconto che alla prima lettura ti aveva intrigato, aspetti di scoprire dell'altro ma questo altro non arriva mai, e la lettura inevitabilmente delude.
Per gusto personale, invece, avrei preferito uno sforzo in più. Uno sforzo in più per andare oltre il tempo e lo spazio.