L'arte della sopravvivenza – voto 6,5
Fondamentalmente questo è un passo indietro rispetto al racconto precedente, mi riferisco alla prova di Paradise city, permeato da una scrittura adamantina. Il racconto “L'arte della sopravvivenza” è per lo più basato sulla descrizione del protagonista, il lugubre becchino. Una descrizione che viaggia fra alti e bassi, non convincendo del tutto. Sarà pure un difetto mio ma a volte non comprendo certi stilemi che mi ricordano tanto “Il monaco” di Lewis o “Melmoth l'errante” di Maturin, romanzi che ho amato tanto intendiamoci, ma che hanno pure qualche secolo sul groppone. Oggi non mi aspetto che uno scrittore mi dica che “occhi si abituavano alle tenebre”, che gli abiti della festa sono “neri e tenebrosi”, che il “cappello nero dava un tocco di solennità” ecc.ecc... per farmi entrare in un'atmosfera gotica/dark/oscura, non è semplice come alla fine del '700 o all'inizio del '800, serve una costruzione diversa, più psicologica e accurata.
...bella filippica che ho fatto a un ragazzo che ha appena finito gli esami di maturità e si prende la briga di scriverci pure un racconto, ma non te la prendere a male, magari al prossimo racconto queste mie parole ti faranno riflettere e dire...'mo gliela metto in c...(magari 'mo non lo dici essendo nordico, ma l'importante è il sentimento).
La storia in sé, secondo me, ha delle falle. A mancare è un reale confronto fra la maestra e il becchino. E' il rapporto fra questi due personaggi che dovrebbe creare la storia. Si accenna al fatto che la che maestrina nelle assemblee cittadine proclamava ideali di giustizia e libertà, ma che abbia avuto un confronto col becchino non direi. Insomma il becchino se la canta e se la suona da solo, ed è un peccato avendo ancora tante battute da utilizzare.
Poi non si comprende perché la maestra debba difendere la banca dall'assalto di un bandito armato...forse perché quando un uomo con la pistola incontra una maestra col fucile, quello con la pistola è un uomo morto...
In sostanza, anche se il racconto ha una coerenza stilistica, che non condivido del tutto, ma che gli dona una certo stile, sembra mancare in alcune parti di logica narrativa... oppure mi sto rincoglionendo che può essere una valida alternativa.
Da rivedere in alcune parti la punteggiatura.
Ciao e complimenti per la maturità.
P.s. la morale
Penso che il becchino se la volesse scopare ma che la maestrina non gliela dava, quindi la maestrina per il becchino era una stronza...insomma la volpe e l'uva
scherzo...oramai l'hanno detta, ma non l'avevo intuita.
Once upon a time an alternative time - voto 6,5
L'idea non è male, neanche la trasposizione, Ma sebbene le contro-storie siano in qualche modo gradevoli, manca una unità di fondo, una morale unica che dia un senso compiutezza al racconto.
Anche se forse la morale di fondo è quella di non credere alle favole...strano per una favola...
Complimenti per la maturità anche a te.
La favola di Dalia – voto 4
Scritto molto bene, forse questo è il suo vero guaio...
Il territorio in cui ti sei mosso è un campo minato, troppo difficile scrivere qualcosa del genere senza suscitare bocche storte, perché, anche se scritto con le migliori intenzioni, è un'operazione già vista e rivista, abusata direi.
Scrivere della favola del malato che affronta la sofferenza donando il sorriso e la speranza ad altri malati e non, è davvero un'operazione rischiosa...e secondo me l'hai cannata su tutta la linea, sembra il testo di un servizio del telegiornale di italia uno, fatto per strappare la lacrima. Magari non era la tua di intenzione, ma ti sei fatto prendere la mano dai cliché e questo ha rovinato tutto.
Ho fatto una ricerca e di Dalia ho letto che era una bambina della tristemente famosa terra dei fuochi. Storia tremenda, nessun bambino dovrebbe morire per qualcosa del genere, nessuna popolazione dovrebbe subire questi scandalosi abusi da criminali e dallo stato.
Peccato per una scrittura così buona. Spero di rileggere Il Wong della tornata precedente.
I narratori – voto 7
Testo lungo, l'unico che ha sfruttato a pieno le battute consentite. Questo per me è già un merito, vuol dire che Bandini non ha lasciato al caso nulla e che ha sviluppato al massimo la sua creatura. Che piaccia o meno il racconto, è comunque encomiabile la passione, la voglia di raccontare una storia.
Bella storia, raga.
Bandini ci porta in un tempo lontano, ma la cosa meravigliosa è che è un tempo lontano in due direzioni, nel futuro e nel passato. Riprende la tradizione omerica, dei bardi, dei cantastorie e la trasporta nel futuro per raccontarci una nuova storia. Una storia che si ripete nei secoli, da maestro ad allievo...
Bravo Bandini
S l'avessi trovata nella raccolta dei racconti di Matheson non me ne sarei stupito. (Magari non scriveva questo tipo di racconti...ma era bravo cazzo)...e auguri per la maturità
Un vero rompicapo – voto 7
Per i miei gusti questo è il miglior racconto di Tava che ho letto finora. Molto divertente. Sembra essere l'unico racconto destinato anche ad un pubblico di ragazzi/bambini. Bella la costruzione nell'insieme, divertenti i personaggi. Il finale per me va anche bene così, non c'è motivo di modificarlo.
Ho letto la tua elucubrazione mentale sul fatto di che postandolo come primo racconto ecc... Ti confesso che non avrei capito la tua intenzione, troppo fine per la mia labile mente.
Se dovessi darti un suggerimento ti direi di provare a semplificarlo maggiormente per un pubblico di bambini...cercando termini più semplici per alcune frasi, E' una bella storia.
Complimenti per la maturità
Luna meno un quarto – voto 8 + P.C
Il racconto scritto meglio, una mano che sa come muoversi, che non scrive nulla in più, casomai taglia e affina. Bella storia, bei periodi. Un insieme armonioso. Complimenti.
Un unica cosa, giusto perché voglio rompere le palle. I termini stranieri in un testo in italiano non vanno scritti al plurale, si usa sempre il singolare, anche quando la frase sembrerebbe richiederlo.
Fonte: La lingua batte (radiotre)
C'era un Golgota
Una quasi filastrocca, che, come tipo narrativo, è pienamente in tema con la tornata, Anche una quasi storiella in rima, che va anche bene. Ma alla fine non è né l'una né l'altra, è un mix, che può andare bene Fondamentalmente non entrerei in un discorso tecnico, ci sono assonanze e rime, ma poco conta, generalmente quel che conta è il ritmo e, tranne che nella prima quartina, direi che ha ritmo.
L'inizio è bruttino:
C'erano una volta o forse due
un bimbo riccio e biondo, asinello e bue.
Le prime due righe non hanno lo stesso ritmo, meglio così:
C'erano una volta o forse due
un bimbo biondo, un asinello e un bue.
Con l'assonanza bimbo biondo non interrotta da riccio (parola che foneticamente entra in contrasto con le altre).
Mentre in
Zaffate di escrementi giungevano al suo naso,
il bue soffiava forte, scaldando in un afflato.
È essere interessante il contrasto fra il rude “Zaffate di escrementi” e il carducciano “scaldando in un afflato”. E' un bel gioco fra il divino “afflato”e il molto terrestre escremento. Forse la cosa migliore in tutta la filastrocca/storiella.
Al''inizio mi sembrava la storiella di Giuseppe che, stressato dalla situazione e dal non fare sesso, cercava un'avventura. Invece si trasforma in un incubo di banalità, Su Gesù che, scontento del mondo, sembra inneggiare ad una libertà senza Dio e contro Dio, quindi anche contro il suo essere trino. Mi ha deluso parecchio. SOprattutto la seconda parte, 'ho trovata brutta e piuttosto banale, la banalità del male.
Spero di rileggere presto qualcosa di tuo al livello degli scritti precedenti.
P.s.
“I prati...bell'idea” pensò il bambino riccio
“Peccato che qui intorno non ci sia l'ombra di un faggio
è pessima.