"Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto." (Italo Calvino)
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Per imparare a scrivere guardate un falegname
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ARGOMENTO: Per imparare a scrivere guardate un falegname

Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 10:38 #16079

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Tutto ciò che c'é c'é già. Allora nei miei pezzi che si fa?
Renderò possibile l'impossibile fino a rendere possibile la realtà.

[?! - Tutto ciò che c'è - Caparezza]

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 11:34 #16082

Magari bastasse. Ho due zii restauratori ed uno falegname.
Ho passato ben due estati a carteggiare mobili ed a passare impregnanti d'ogni sorta.

Se davvero fosse semplice così sarei mille anni avanti a tutti voi.

Ma poi ci sono le eccezioni
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Fortunatamente, ho sempre il difetto di prendermi poco sul serio...
[cit. Carmen Consoli - Fortunatamente]

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 11:35 #16083

Comunque interessante. Ancor più interessante come sostenga la teoria di 6Rimbaud per la quale le poesie vadano scritte entro i trenta anni. (lui dice addirittura entro i 26)
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 12:10 #16084

Andy Dufresne ha scritto:


Bella intervista!

Qualcuno ha mai letto Thomas Wolfe e sa spiegarmi cosa intendesse con "scriveva come se gli restasse poco da vivere"?
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 12:56 #16086

DQ. ha scritto:
Andy Dufresne ha scritto:


Bella intervista!

Qualcuno ha mai letto Thomas Wolfe e sa spiegarmi cosa intendesse con "scriveva come se gli restasse poco da vivere"?


io ho letto o lost...lo dovresti leggere anche tu, lo dovrebbero leggere tutti...era anche lo scrittore preferito di Kerouac (e anche lui si dovrebbe leggere a vita)
cosa vuol dire "scriveva come se gli restasse poco da vivere"...non te lo dico
C'è una parte dell'intervista molto bella:
Qual è il miglior allenamento per scrivere? Corsi, esperienza, o cosa?
«Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto – robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora come apprendista e studia il maestro. Leggete! Assorbirete. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra».

quello che alcuni qui non fanno, per propria ammissione...
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Ultima modifica: 31/07/2015 13:03 Da scarpax73.

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 13:10 #16087

scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
Andy Dufresne ha scritto:


Bella intervista!

Qualcuno ha mai letto Thomas Wolfe e sa spiegarmi cosa intendesse con "scriveva come se gli restasse poco da vivere"?


io ho letto o lost...lo dovresti leggere anche tu, lo dovrebbero leggere tutti...era anche lo scrittore preferito di Kerouac (e anche lui si dovrebbe leggere a vita)
cosa vuol dire "scriveva come se gli restasse poco da vivere"...non te lo dico
C'è una parte dell'intervista molto bella:
Qual è il miglior allenamento per scrivere? Corsi, esperienza, o cosa?
«Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto – robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora come apprendista e studia il maestro. Leggete! Assorbirete. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra».

quello che alcuni qui non fanno, per amissione...


Come credo tu possa condividere, è inutile costringere le persone a leggere perché: 1) il piacere non è lo stesso; 2) l'effetto potrebbe essere addirittura contrario, cioè di rifiuto.
Se io ti dicessi che la mia teoria funziona e te lo dicesse anche uno scrittore affermato e che stimi, smetteresti di leggere?

Poi la mia è anche una scelta e non ho mai avuto modo di ricredermi, quindi resto convinto della mia scelta, fino a quando sarà produttiva.
Credo anche di essere dislessico, se proprio vuoi saperlo, con difficoltà nell'apprendimento di ciò che leggo. Posso apprezzarne la bellezza d'istinto, analizzare, ma la comprensione di un testo, soprattutto se richiede attenzione prolungata, mi viene difficile.

Non voglio trasformare anche questo thread in un racconto della mia vita, quindi apro le porte dei miei messaggi privati (sempre state aperte) e chiudo qui la parentesi.

Continuo a non apprezzare il tuo modo di rispondere, sia per tono che per contenuti.
Io ho fatto una domanda, come ne faccio sempre, e questo indica una curiosità, un interesse. Non capisco perché insistere nelle mezze risposte che non chiedo e delle quali tu credo possa riconoscerne benissimo l'inutilità.
  • DQ.
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 13:39 #16088

DQ. ha scritto:
scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
Andy Dufresne ha scritto:


Bella intervista!

Qualcuno ha mai letto Thomas Wolfe e sa spiegarmi cosa intendesse con "scriveva come se gli restasse poco da vivere"?


io ho letto o lost...lo dovresti leggere anche tu, lo dovrebbero leggere tutti...era anche lo scrittore preferito di Kerouac (e anche lui si dovrebbe leggere a vita)
cosa vuol dire "scriveva come se gli restasse poco da vivere"...non te lo dico
C'è una parte dell'intervista molto bella:
Qual è il miglior allenamento per scrivere? Corsi, esperienza, o cosa?
«Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto – robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora come apprendista e studia il maestro. Leggete! Assorbirete. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra».

quello che alcuni qui non fanno, per amissione...


Come credo tu possa condividere, è inutile costringere le persone a leggere perché: 1) il piacere non è lo stesso; 2) l'effetto potrebbe essere addirittura contrario, cioè di rifiuto.
Se io ti dicessi che la mia teoria funziona e te lo dicesse anche uno scrittore affermato e che stimi, smetteresti di leggere?

Poi la mia è anche una scelta e non ho mai avuto modo di ricredermi, quindi resto convinto della mia scelta, fino a quando sarà produttiva.
Credo anche di essere dislessico, se proprio vuoi saperlo, con difficoltà nell'apprendimento di ciò che leggo. Posso apprezzarne la bellezza d'istinto, analizzare, ma la comprensione di un testo, soprattutto se richiede attenzione prolungata, mi viene difficile.

Non voglio trasformare anche questo thread in un racconto della mia vita, quindi apro le porte dei miei messaggi privati (sempre state aperte) e chiudo qui la parentesi.

Continuo a non apprezzare il tuo modo di rispondere, sia per tono che per contenuti.
Io ho fatto una domanda, come ne faccio sempre, e questo indica una curiosità, un interesse. Non capisco perché insistere nelle mezze risposte che non chiedo e delle quali tu credo possa riconoscerne benissimo l'inutilità.


Credo fortemente che leggere e studiare ciò che si legge sia la base del lavoro di chi voglia scrivere, per questo invito tutti, qui e nella vita reale a leggere tanto.
Poi naturalmente ognuno coi propri limiti e necessità.

stavo solo scherzando, non te la prendere così tanto...non sei l'unico a non leggere molto qui e nella vita reale, anche tanti scrittori affermati dicono di leggere poco, ma non so quanto sia vero.

Non so esattamente cosa intendesse William Faulkner con la frase "scriveva come se gli restasse poco da vivere", il centro degli scritti di Wolfe è la vita, ma questo vuol dire poco, e di certo la sua scrittura era "abbondante" a volte barocca, ma faceva respirare il centro dell'animo umano.

come ti dicevo in un altro post i tuoi commenti danno sempre spunto a osservazioni alternative e interessanti, posso non condividere certe volte ma sicuramente mi danno modo di riflettere su certi argomenti, ed è la cosa che cerco.

Quindi caro diccuccio leggi le mie risposte in modo neutro, senza toni arroganti, l'arroganza non mi appartiene...forse la stupidità si...ma nessuno è perfetto
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 13:47 #16089

scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
Andy Dufresne ha scritto:


Bella intervista!

Qualcuno ha mai letto Thomas Wolfe e sa spiegarmi cosa intendesse con "scriveva come se gli restasse poco da vivere"?


io ho letto o lost...lo dovresti leggere anche tu, lo dovrebbero leggere tutti...era anche lo scrittore preferito di Kerouac (e anche lui si dovrebbe leggere a vita)
cosa vuol dire "scriveva come se gli restasse poco da vivere"...non te lo dico
C'è una parte dell'intervista molto bella:
Qual è il miglior allenamento per scrivere? Corsi, esperienza, o cosa?
«Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto – robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora come apprendista e studia il maestro. Leggete! Assorbirete. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra».

quello che alcuni qui non fanno, per amissione...


Come credo tu possa condividere, è inutile costringere le persone a leggere perché: 1) il piacere non è lo stesso; 2) l'effetto potrebbe essere addirittura contrario, cioè di rifiuto.
Se io ti dicessi che la mia teoria funziona e te lo dicesse anche uno scrittore affermato e che stimi, smetteresti di leggere?

Poi la mia è anche una scelta e non ho mai avuto modo di ricredermi, quindi resto convinto della mia scelta, fino a quando sarà produttiva.
Credo anche di essere dislessico, se proprio vuoi saperlo, con difficoltà nell'apprendimento di ciò che leggo. Posso apprezzarne la bellezza d'istinto, analizzare, ma la comprensione di un testo, soprattutto se richiede attenzione prolungata, mi viene difficile.

Non voglio trasformare anche questo thread in un racconto della mia vita, quindi apro le porte dei miei messaggi privati (sempre state aperte) e chiudo qui la parentesi.

Continuo a non apprezzare il tuo modo di rispondere, sia per tono che per contenuti.
Io ho fatto una domanda, come ne faccio sempre, e questo indica una curiosità, un interesse. Non capisco perché insistere nelle mezze risposte che non chiedo e delle quali tu credo possa riconoscerne benissimo l'inutilità.


Credo fortemente che leggere e studiare ciò che si legge sia la base del lavoro di chi voglia scrivere, per questo invito tutti, qui e nella vita reale a leggere tanto.
Poi naturalmente ognuno coi propri limiti e necessità.

stavo solo scherzando, non te la prendere così tanto...non sei l'unico a non leggere molto qui e nella vita reale, anche tanti scrittori affermati dicono di leggere poco, ma non so quanto sia vero.

Non so esattamente cosa intendesse William Faulkner con la frase "scriveva come se gli restasse poco da vivere", il centro degli scritti di Wolfe è la vita, ma questo vuol dire poco, e di certo la sua scrittura era "abbondante" a volte barocca, ma faceva respirare il centro dell'animo umano.

come ti dicevo in un altro post i tuoi commenti danno sempre spunto a osservazioni alternative e interessanti, posso non condividere certe volte ma sicuramente mi danno modo di riflettere su certi argomenti, ed è la cosa che cerco.

Quindi caro diccuccio leggi le mie risposte in modo neutro, senza toni arroganti, l'arroganza non mi appartiene...forse la stupidità si...ma nessuno è perfetto


Ho capito ciò che dici ma non posso rispondere perché dovrei andare sul personale, e quelle analisi che faccio sempre sulla costruzione dei personaggi, diventerebbero analisi sulla persona.
Dalle risposte che dai, non mi sembra che tu sia interessato, quindi evito.
Capisco benissimo che ci siano persone non disposte a parlare di sé quanto me.

Ci rivedremo nei commenti ai racconti.
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 13:55 #16091

DQ. ha scritto:
scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
Andy Dufresne ha scritto:


Bella intervista!

Qualcuno ha mai letto Thomas Wolfe e sa spiegarmi cosa intendesse con "scriveva come se gli restasse poco da vivere"?


io ho letto o lost...lo dovresti leggere anche tu, lo dovrebbero leggere tutti...era anche lo scrittore preferito di Kerouac (e anche lui si dovrebbe leggere a vita)
cosa vuol dire "scriveva come se gli restasse poco da vivere"...non te lo dico
C'è una parte dell'intervista molto bella:
Qual è il miglior allenamento per scrivere? Corsi, esperienza, o cosa?
«Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto – robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Come un falegname che lavora come apprendista e studia il maestro. Leggete! Assorbirete. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto dalla finestra».

quello che alcuni qui non fanno, per amissione...


Come credo tu possa condividere, è inutile costringere le persone a leggere perché: 1) il piacere non è lo stesso; 2) l'effetto potrebbe essere addirittura contrario, cioè di rifiuto.
Se io ti dicessi che la mia teoria funziona e te lo dicesse anche uno scrittore affermato e che stimi, smetteresti di leggere?

Poi la mia è anche una scelta e non ho mai avuto modo di ricredermi, quindi resto convinto della mia scelta, fino a quando sarà produttiva.
Credo anche di essere dislessico, se proprio vuoi saperlo, con difficoltà nell'apprendimento di ciò che leggo. Posso apprezzarne la bellezza d'istinto, analizzare, ma la comprensione di un testo, soprattutto se richiede attenzione prolungata, mi viene difficile.

Non voglio trasformare anche questo thread in un racconto della mia vita, quindi apro le porte dei miei messaggi privati (sempre state aperte) e chiudo qui la parentesi.

Continuo a non apprezzare il tuo modo di rispondere, sia per tono che per contenuti.
Io ho fatto una domanda, come ne faccio sempre, e questo indica una curiosità, un interesse. Non capisco perché insistere nelle mezze risposte che non chiedo e delle quali tu credo possa riconoscerne benissimo l'inutilità.


Credo fortemente che leggere e studiare ciò che si legge sia la base del lavoro di chi voglia scrivere, per questo invito tutti, qui e nella vita reale a leggere tanto.
Poi naturalmente ognuno coi propri limiti e necessità.

stavo solo scherzando, non te la prendere così tanto...non sei l'unico a non leggere molto qui e nella vita reale, anche tanti scrittori affermati dicono di leggere poco, ma non so quanto sia vero.

Non so esattamente cosa intendesse William Faulkner con la frase "scriveva come se gli restasse poco da vivere", il centro degli scritti di Wolfe è la vita, ma questo vuol dire poco, e di certo la sua scrittura era "abbondante" a volte barocca, ma faceva respirare il centro dell'animo umano.

come ti dicevo in un altro post i tuoi commenti danno sempre spunto a osservazioni alternative e interessanti, posso non condividere certe volte ma sicuramente mi danno modo di riflettere su certi argomenti, ed è la cosa che cerco.

Quindi caro diccuccio leggi le mie risposte in modo neutro, senza toni arroganti, l'arroganza non mi appartiene...forse la stupidità si...ma nessuno è perfetto


Ho capito ciò che dici ma non posso rispondere perché dovrei andare sul personale, e quelle analisi che faccio sempre sulla costruzione dei personaggi, diventerebbero analisi sulla persona.
Dalle risposte che dai, non mi sembra che tu sia interessato, quindi evito.
Capisco benissimo che ci siano persone non disposte a parlare di sé quanto me.

Ci rivedremo nei commenti ai racconti.


ti ho invato un messaggio privato, ciao.
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 14:20 #16092

Propongo l'apertura della sezione Universi di Sgarbi
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 31/07/2015 15:52 #16093

gensi ha scritto:
Propongo l'apertura della sezione Universi di Sgarbi


Universi polemici?
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 06:32 #16094

DQ. ha scritto:
gensi ha scritto:
Propongo l'apertura della sezione Universi di Sgarbi


Universi polemici?

Esatto
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 12:23 #16099

Intanto qua, Sgarbi o non Sgarbi, continuo a non capire quella frase su Thomas Wolfe.
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 16:03 #16104

Ho letto l'intervista, simpatica. Ne ho lette diverse in giro, e mi sono anche informato su vari libri di scrittori che in qualche modo esponevano in che modo si impara a scrivere. Mi è piaciuto tantissimo quello di Zadie Smith, che non conosco come autrice, ma ha scritto questo libricino piccolo intitolato "perchè scrivere", ne avevo già parlato da qualche parte.
La maggior parte dei consigli che ho letto invitano alla lettura, e sono abbastanza d'accordo; in una raccolta di testi di Virginia Woolf, sulla scrittura dice questo:

"Cedi le redini a ogni impulso, fai tutti gli errori di stile, grammatica, gusto, sintassi. Riversa in massa. Rovesciati. Lascia andare la rabbia, l'amore, la satira con tutte le parole che riesci a cogliere, costringere o creare, con qualsiasi metrica, prosa, poesia o borbottio che ti viene. Così imparerai a scrivere"

Ma la parte più interessante di tutto il saggio è quella in cui spiega come, secondo lei, si debba imparare anzitutto a leggere. Per me le due attività sono strettamente connesse, nei romanzi, o nelle poesie, cogliamo ciò che vogliamo dire noi stessi, ciò che abbiamo pensato o provato, sognamo con le parole altrui, mentre quando scriviamo vogliamo far provare queste stesse sensazioni ad altri. Non si tratta di leggere per forza i classici, ma ciò che ci interessa, per vedere come fanno gli altri e poi poter scrivere la nostra storia, o poesia, o racconto, trovando un nostro stile, mescolando chissà quali altri stili che ricordiamo più o meno inconsciamente.
...sto ancora imparando, poichè l'apprendimento non ha limiti...

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 17:15 #16105

DQ. ha scritto:
Intanto qua, Sgarbi o non Sgarbi, continuo a non capire quella frase su Thomas Wolfe.


Forse per rispondere alla domanda di dq è meglio lasciar parlare lo stesso  Wolfe. In questo brano che ho preso da "storia di un romanzo" descrive alcuni appunti che prendeva nei registri che portava con se durante i suoi viaggi:

"ci si poteva imbattere in sezioni con nomi criptici del tipo «Dove ora?». Titoli come questi raccoglievano brevi e rapidissime notazioni di quelle centinaia e migliaia di cose che ciascuno di noi ha visto solo per un attimo, momenti della nostra vita perduti, andati, svaniti per non venir recuperati mai più, nemmeno quando li vediamo di nuovo, che sembrano banali, fuggevoli, di nessuna importanza quando li vediamo per la prima volta e che rimangono poi nella nostra mente e nei nostri cuori per sempre, che non riusciamo a dimenticare, di cui non possiamo nemmeno tentare di valutare l’importanza e il significato perché sembrano praticamente non averne, ma che sono invece in qualche modo pregni di tutta la gioia e il dolore dell’umano destino, della tragica brevità dei giorni dell’uomo e che sappiamo in qualche modo essere più importanti di molte cose più appariscenti. «Dove ora?». Quieti passi che hai udito arrivare e svanire nella notte estiva lungo una strada frondosa in una piccola città del Sud molti anni fa, le pacate voci sommesse e indistinte, stranamente vicine, familiari, che attraversano improvvisamente la casa nell’oscurità; una voce di donna, il suo scoppio improvviso di risa tenere e sommesse; e poi voci e passi che si allontanano, il silenzio, il fruscio delle foglie sugli alberi, un’automobile lontana che attraversa la notte; una porta che sbatte e, ancora una volta, silenzio, oscurità? «Dove ora?». Due treni che si incontrano e si fermano in un momento qualunque in una stazioncina sperduta di qualche piccola città sull’immenso corpo, sul seno del continente; una ragazza che guarda e sorride dal finestrino dell’altro treno; qualcun altro che passa in macchina per la strada di Norfolk; i clienti invernali di una piccola pensione del Sud venti anni fa; la signorina Florrie Mangle, l’infermiera diplomata; la signorina Jessie Flenner, cassiera al bar Smith; il dottor Richards, il chiaroveggente; la ragazza che faceva schioccare la frusta e ficcava la testa nella bocca del leone nel circo Johnny J. Jones; il signor Hoffman, lo scalpellino dai modi gentili, sempre brillo che lavorava per mio padre e raccontava favolose storie di lotte corpo a corpo con feroci pescecani; il negro con una mano sola che guidava il camion della Compagnia di Ghiaccio e Carbone della Carolina; il modo meraviglioso in cui, con un solo braccio, sapeva gestire tutta la squadra, mandava il camion a marcia indietro su per il vialetto, riempiva la cantina di carbone con un forcone scintillante, tutto senza far confusione, senza errori o perdita di tempo e con un solo braccio; un ragazzo che si chiamava Victor Roncey che odiavo solo perché aveva gambe possenti come due armadi, una faccia scura con un neo sul labbro superiore e un modo cupo, arrogante e sarcastico di guardare la gente; un altro ragazzo che si chiamava Nebraska Redmond, un meraviglioso ragazzo di campagna, semplice, gentile, coraggioso come un leone e bravo in ogni cosa, pesca, nuoto, lotta, baseball, e per questo ho sempre pensato che corrispondeva perfettamente al suo magnifico nome, Nebraska, tanto che non riesco a pensare a lui con nessun altro nome che quello. «Dove ora?». Oltre il limite della memoria effettiva dell’uomo, indietro, fino ai più remoti recessi della sua infanzia prima ancora dei ricordi coscienti"..." in un’indagine come quella che ho ora cercato di descrivere c’è una sorta di eccessiva esorbitanza, d’inclusività incontrollata, quasi una morbosa voluttà di divorare l’intero corpo dell’esperienza umana, di cercare sempre d’includere, di assommare più di quanto l’esperienza di una vita possa contenere e i limiti di una singola opera d’arte possano adeguatamente definire."
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Ultima modifica: 01/08/2015 17:18 Da scarpax73.

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 17:19 #16106

Esatto Wong, sono d'accordissimo.

Ma la parte più interessante di tutto il saggio è quella in cui spiega come, secondo lei, si debba imparare anzitutto a leggere.

Bisogna imparare a leggere. Così come bisogna imparare ad ascoltare e a osservare. Conosco centinaia di persone che leggono e leggono, ma se gli chiedi un'opinione personale, un pensiero...se gli chiedi di elaborare qualcosa di proprio, fanno una confusione immensa.
In alcune persone leggere, e soprattutto farlo senza saperlo fare, contribuisce allo spegnimento del cervello, cioè che il soggetto trova in ogni cosa che vive e pensa, un collegamento con qualcosa di altri, perdendo il contatto con sé stesso. E' una cosa, secondo me, piuttosto diffusa e che continua a diffondersi esponenzialmente. Già l'ho detto in altri thread e non mi dilungo su questo aspetto.

Per me le due attività sono strettamente connesse, nei romanzi, o nelle poesie, cogliamo ciò che vogliamo dire noi stessi, ciò che abbiamo pensato o provato, sognamo con le parole altrui, mentre quando scriviamo vogliamo far provare queste stesse sensazioni ad altri.

Questo è un altro aspetto per me fondamentale.
Nelle parole di Virginia Woolf viene sempre sottolineata l'individualità. Parla di persone che hanno qualcosa di personale da dire, storie e pensieri propri. E' importante che "ciò che vogliamo dire noi stessi" esista e non sia l'imitazione di quel che abbiamo letto.
E dev'esserci anche il bisogno di dirle agli altri perché, come ben descrive la frase di Calvino che avete scelto come intestazione: "scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto".

Non si tratta di leggere per forza i classici, ma ciò che ci interessa, per vedere come fanno gli altri e poi poter scrivere la nostra storia, o poesia, o racconto, trovando un nostro stile, mescolando chissà quali altri stili che ricordiamo più o meno inconsciamente.

D'accordo anche su questo, ma lei sta parlando di stile e lo stile è una cosa successiva che, come ho detto altre volte, in questo forum ha troppa importanza, secondo me. Ci si dimentica, spesso, che, prima dello stile, Virginia Woolf ha parlato di individualità e, se non si conosce e lavora sulla propria individualità, parlare di stile ha senso fino a un certo punto. Altrimenti diventa l'esaltazione del bello (o del "corretto", meglio) che, capisco possa piacere, ma a me, presa da sola, non interessa e fa riflettere.
Per quanto mi riguarda, sono certo di poter sostituire la lettura con l'osservazione, la riflessione e l'esercizio del pensiero. Certo, non riuscirò mai a scrivere bene, ma almeno avrò qualcosa da scrivere.

Anche per questo motivo chiedevo spiegazioni sulla frase su Thomas Wolfe. Credo che si riferisse a un mal di pancia che ormai viene troppo spesso sostituito dalla scrittura tecnica. Possibilissimo che mi sbagli, eh. Proprio per questo avrei voluto che qualcuno mi illuminasse.

Mi è sopraggiunto un altro pensiero in questo momento e vi rendo partecipi.
Mi piacerebbe sapere cosa pensa un luminare della letteratura che sta vivendo la nostra epoca, perché ho come la sensazione che i nostri problemi oggi, quelli che ho descritto prima, siano molto più gravi rispetto al passato.
D'altronde, se a Eco e Fo cadono le palle ogni volta che sentono parlare del nostro tempo, due domande me le faccio volentieri.
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Ultima modifica: 01/08/2015 17:30 Da DQ..

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 17:25 #16107

scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
Intanto qua, Sgarbi o non Sgarbi, continuo a non capire quella frase su Thomas Wolfe.


Forse per rispondere alla domanda di dq è meglio lasciar parlare lo stesso  Wolfe. In questo brano che ho preso da "storia di un romanzo" descrive alcuni appunti che prendeva nei registri che portava con se durante i suoi viaggi:

"ci si poteva imbattere in sezioni con nomi criptici del tipo «Dove ora?». Titoli come questi raccoglievano brevi e rapidissime notazioni di quelle centinaia e migliaia di cose che ciascuno di noi ha visto solo per un attimo, momenti della nostra vita perduti, andati, svaniti per non venir recuperati mai più, nemmeno quando li vediamo di nuovo, che sembrano banali, fuggevoli, di nessuna importanza quando li vediamo per la prima volta e che rimangono poi nella nostra mente e nei nostri cuori per sempre, che non riusciamo a dimenticare, di cui non possiamo nemmeno tentare di valutare l’importanza e il significato perché sembrano praticamente non averne, ma che sono invece in qualche modo pregni di tutta la gioia e il dolore dell’umano destino, della tragica brevità dei giorni dell’uomo e che sappiamo in qualche modo essere più importanti di molte cose più appariscenti. «Dove ora?». Quieti passi che hai udito arrivare e svanire nella notte estiva lungo una strada frondosa in una piccola città del Sud molti anni fa, le pacate voci sommesse e indistinte, stranamente vicine, familiari, che attraversano improvvisamente la casa nell’oscurità; una voce di donna, il suo scoppio improvviso di risa tenere e sommesse; e poi voci e passi che si allontanano, il silenzio, il fruscio delle foglie sugli alberi, un’automobile lontana che attraversa la notte; una porta che sbatte e, ancora una volta, silenzio, oscurità? «Dove ora?». Due treni che si incontrano e si fermano in un momento qualunque in una stazioncina sperduta di qualche piccola città sull’immenso corpo, sul seno del continente; una ragazza che guarda e sorride dal finestrino dell’altro treno; qualcun altro che passa in macchina per la strada di Norfolk; i clienti invernali di una piccola pensione del Sud venti anni fa; la signorina Florrie Mangle, l’infermiera diplomata; la signorina Jessie Flenner, cassiera al bar Smith; il dottor Richards, il chiaroveggente; la ragazza che faceva schioccare la frusta e ficcava la testa nella bocca del leone nel circo Johnny J. Jones; il signor Hoffman, lo scalpellino dai modi gentili, sempre brillo che lavorava per mio padre e raccontava favolose storie di lotte corpo a corpo con feroci pescecani; il negro con una mano sola che guidava il camion della Compagnia di Ghiaccio e Carbone della Carolina; il modo meraviglioso in cui, con un solo braccio, sapeva gestire tutta la squadra, mandava il camion a marcia indietro su per il vialetto, riempiva la cantina di carbone con un forcone scintillante, tutto senza far confusione, senza errori o perdita di tempo e con un solo braccio; un ragazzo che si chiamava Victor Roncey che odiavo solo perché aveva gambe possenti come due armadi, una faccia scura con un neo sul labbro superiore e un modo cupo, arrogante e sarcastico di guardare la gente; un altro ragazzo che si chiamava Nebraska Redmond, un meraviglioso ragazzo di campagna, semplice, gentile, coraggioso come un leone e bravo in ogni cosa, pesca, nuoto, lotta, baseball, e per questo ho sempre pensato che corrispondeva perfettamente al suo magnifico nome, Nebraska, tanto che non riesco a pensare a lui con nessun altro nome che quello. «Dove ora?». Oltre il limite della memoria effettiva dell’uomo, indietro, fino ai più remoti recessi della sua infanzia prima ancora dei ricordi coscienti"..." in un’indagine come quella che ho ora cercato di descrivere c’è una sorta di eccessiva esorbitanza, d’inclusività incontrollata, quasi una morbosa voluttà di divorare l’intero corpo dell’esperienza umana, di cercare sempre d’includere, di assommare più di quanto l’esperienza di una vita possa contenere e i limiti di una singola opera d’arte possano adeguatamente definire."


Grazie.
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 17:41 #16108

DQ. ha scritto:
scarpax73 ha scritto:
DQ. ha scritto:
Intanto qua, Sgarbi o non Sgarbi, continuo a non capire quella frase su Thomas Wolfe.


Forse per rispondere alla domanda di dq è meglio lasciar parlare lo stesso  Wolfe. In questo brano che ho preso da "storia di un romanzo" descrive alcuni appunti che prendeva nei registri che portava con se durante i suoi viaggi:

"ci si poteva imbattere in sezioni con nomi criptici del tipo «Dove ora?». Titoli come questi raccoglievano brevi e rapidissime notazioni di quelle centinaia e migliaia di cose che ciascuno di noi ha visto solo per un attimo, momenti della nostra vita perduti, andati, svaniti per non venir recuperati mai più, nemmeno quando li vediamo di nuovo, che sembrano banali, fuggevoli, di nessuna importanza quando li vediamo per la prima volta e che rimangono poi nella nostra mente e nei nostri cuori per sempre, che non riusciamo a dimenticare, di cui non possiamo nemmeno tentare di valutare l’importanza e il significato perché sembrano praticamente non averne, ma che sono invece in qualche modo pregni di tutta la gioia e il dolore dell’umano destino, della tragica brevità dei giorni dell’uomo e che sappiamo in qualche modo essere più importanti di molte cose più appariscenti. «Dove ora?». Quieti passi che hai udito arrivare e svanire nella notte estiva lungo una strada frondosa in una piccola città del Sud molti anni fa, le pacate voci sommesse e indistinte, stranamente vicine, familiari, che attraversano improvvisamente la casa nell’oscurità; una voce di donna, il suo scoppio improvviso di risa tenere e sommesse; e poi voci e passi che si allontanano, il silenzio, il fruscio delle foglie sugli alberi, un’automobile lontana che attraversa la notte; una porta che sbatte e, ancora una volta, silenzio, oscurità? «Dove ora?». Due treni che si incontrano e si fermano in un momento qualunque in una stazioncina sperduta di qualche piccola città sull’immenso corpo, sul seno del continente; una ragazza che guarda e sorride dal finestrino dell’altro treno; qualcun altro che passa in macchina per la strada di Norfolk; i clienti invernali di una piccola pensione del Sud venti anni fa; la signorina Florrie Mangle, l’infermiera diplomata; la signorina Jessie Flenner, cassiera al bar Smith; il dottor Richards, il chiaroveggente; la ragazza che faceva schioccare la frusta e ficcava la testa nella bocca del leone nel circo Johnny J. Jones; il signor Hoffman, lo scalpellino dai modi gentili, sempre brillo che lavorava per mio padre e raccontava favolose storie di lotte corpo a corpo con feroci pescecani; il negro con una mano sola che guidava il camion della Compagnia di Ghiaccio e Carbone della Carolina; il modo meraviglioso in cui, con un solo braccio, sapeva gestire tutta la squadra, mandava il camion a marcia indietro su per il vialetto, riempiva la cantina di carbone con un forcone scintillante, tutto senza far confusione, senza errori o perdita di tempo e con un solo braccio; un ragazzo che si chiamava Victor Roncey che odiavo solo perché aveva gambe possenti come due armadi, una faccia scura con un neo sul labbro superiore e un modo cupo, arrogante e sarcastico di guardare la gente; un altro ragazzo che si chiamava Nebraska Redmond, un meraviglioso ragazzo di campagna, semplice, gentile, coraggioso come un leone e bravo in ogni cosa, pesca, nuoto, lotta, baseball, e per questo ho sempre pensato che corrispondeva perfettamente al suo magnifico nome, Nebraska, tanto che non riesco a pensare a lui con nessun altro nome che quello. «Dove ora?». Oltre il limite della memoria effettiva dell’uomo, indietro, fino ai più remoti recessi della sua infanzia prima ancora dei ricordi coscienti"..." in un’indagine come quella che ho ora cercato di descrivere c’è una sorta di eccessiva esorbitanza, d’inclusività incontrollata, quasi una morbosa voluttà di divorare l’intero corpo dell’esperienza umana, di cercare sempre d’includere, di assommare più di quanto l’esperienza di una vita possa contenere e i limiti di una singola opera d’arte possano adeguatamente definire."


Grazie.


Prego. Spero ti piaccia questo brano...a me è piaciuto molto.
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Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 19:30 #16112

DQ. ha scritto:
Esatto Wong, sono d'accordissimo.

Ma la parte più interessante di tutto il saggio è quella in cui spiega come, secondo lei, si debba imparare anzitutto a leggere.

Bisogna imparare a leggere. Così come bisogna imparare ad ascoltare e a osservare. Conosco centinaia di persone che leggono e leggono, ma se gli chiedi un'opinione personale, un pensiero...se gli chiedi di elaborare qualcosa di proprio, fanno una confusione immensa.
In alcune persone leggere, e soprattutto farlo senza saperlo fare, contribuisce allo spegnimento del cervello, cioè che il soggetto trova in ogni cosa che vive e pensa, un collegamento con qualcosa di altri, perdendo il contatto con sé stesso. E' una cosa, secondo me, piuttosto diffusa e che continua a diffondersi esponenzialmente. Già l'ho detto in altri thread e non mi dilungo su questo aspetto.

Per me le due attività sono strettamente connesse, nei romanzi, o nelle poesie, cogliamo ciò che vogliamo dire noi stessi, ciò che abbiamo pensato o provato, sognamo con le parole altrui, mentre quando scriviamo vogliamo far provare queste stesse sensazioni ad altri.

Questo è un altro aspetto per me fondamentale.
Nelle parole di Virginia Woolf viene sempre sottolineata l'individualità. Parla di persone che hanno qualcosa di personale da dire, storie e pensieri propri. E' importante che "ciò che vogliamo dire noi stessi" esista e non sia l'imitazione di quel che abbiamo letto.
E dev'esserci anche il bisogno di dirle agli altri perché, come ben descrive la frase di Calvino che avete scelto come intestazione: "scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto".

Non si tratta di leggere per forza i classici, ma ciò che ci interessa, per vedere come fanno gli altri e poi poter scrivere la nostra storia, o poesia, o racconto, trovando un nostro stile, mescolando chissà quali altri stili che ricordiamo più o meno inconsciamente.

D'accordo anche su questo, ma lei sta parlando di stile e lo stile è una cosa successiva che, come ho detto altre volte, in questo forum ha troppa importanza, secondo me. Ci si dimentica, spesso, che, prima dello stile, Virginia Woolf ha parlato di individualità e, se non si conosce e lavora sulla propria individualità, parlare di stile ha senso fino a un certo punto. Altrimenti diventa l'esaltazione del bello (o del "corretto", meglio) che, capisco possa piacere, ma a me, presa da sola, non interessa e fa riflettere.
Per quanto mi riguarda, sono certo di poter sostituire la lettura con l'osservazione, la riflessione e l'esercizio del pensiero. Certo, non riuscirò mai a scrivere bene, ma almeno avrò qualcosa da scrivere.

Anche per questo motivo chiedevo spiegazioni sulla frase su Thomas Wolfe. Credo che si riferisse a un mal di pancia che ormai viene troppo spesso sostituito dalla scrittura tecnica. Possibilissimo che mi sbagli, eh. Proprio per questo avrei voluto che qualcuno mi illuminasse.



Sul discorso dello stile sono d'accordo, ma solo parzialmente. Diciamo che per me è importante perchè, personalmente, amo scrivere una bella frase, una descrizione particolarmente riuscita, e difatti spesso la mia prosa (chiamiamola così) tende ad essere poetica, è un tipo di scrittura quasi arcaica a volte, ottocentesca. Ma perchè questo? Perchè, come dice la Smith, si può scrivere anche solo per il piacere di farlo e di riuscire in una bella espressione.
Son d'accordo nel senso che, nel momento in cui si vuol far leggere ad altri, allora certamente bisogna aver qualcosa di personale, di individuale da trasmettere. Ma ho letto troppa buona letteratura (anche qui, buona per me) per non stare estremamente attento allo stile.
Poi se vogliamo dirla tutta, ho fatto la tesi magistrale su Leopardi, che nei suoi appunti discuteva proprio di stile, di prosa e poesia...
...sto ancora imparando, poichè l'apprendimento non ha limiti...

Re: Per imparare a scrivere guardate un falegname 01/08/2015 19:37 #16114

DQ. ha scritto:

Mi è sopraggiunto un altro pensiero in questo momento e vi rendo partecipi.
Mi piacerebbe sapere cosa pensa un luminare della letteratura che sta vivendo la nostra epoca, perché ho come la sensazione che i nostri problemi oggi, quelli che ho descritto prima, siano molto più gravi rispetto al passato.
D'altronde, se a Eco e Fo cadono le palle ogni volta che sentono parlare del nostro tempo, due domande me le faccio volentieri.



Cosa intendi esattamente, la mancanza di una vera individualità in letteratura? Mi interessa questo discorso, purtroppo sono estremamente ignorante in termini di letteratura contemporanea, non posso dare nemmeno un parere decente sulla questione che hai posto, so solo che leggo moltissimi titoli, recensioni e sinossi che si assomigliano tutti: la storiella d'amore tra studenti, i gialli, ora va tantissimo il fantasy (ma come si è detto altrove, è difficile trovare un fantasy di qualità e originale), romanzi storici o presunti tali...forse fatico anche a trovare qualcosa che mi attiri nella letteratura odierna, anche se non posso dire di aver cercato abbastanza
...sto ancora imparando, poichè l'apprendimento non ha limiti...
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