Come avevo già accennato qua e là questo inverno sarò nel nuovo continente a erudirmi in economia, fraancese, inglese... Niente tempo per il cazzeggio (!)
Quindi vedete di non organizzare raduni tra il 3 gennaio e il 6 maggio... Ma ovviamente se passate per Montréal sarete i benvenuti per una salsicciata di alce con sciroppo d'acero (?)
So che non ha l'appeal di altre mete, ma figo lo stesso, no?
Introduzione
Lo scritto in questione vuole essere un resoconto ironico, non regolare e anche un po' cazzaro di questa avventura, acciocchè se ne possa conservare la memoria al riparo dalla ruggine del tempo. E come ogni manoscritto che si rispetti sarà aperto da una profonda citazione.
"Yo, Gatorade me, bitch!" [Jesse, Breaking Bad]
Non riporterò tutte le giornate in modo ugualmente dettagliato, mi limiterò a specificare con cura i primissimi giorni e poi le escursioni in varie zone della città e fuori. Enjoy.
Capitolo uno: L'inizio di una grande avventura
(sì, titolo preso dal primo episodio della prima serie dei Pokémon, chi l'avesse notato
E' una triste mattinata milanese quando la sveglia suona alle 5.30 [There's a four-thirty in the morning now? cit. Bart]. Il viaggio verso Milano Malpensa può non essere ricordato nel dettaglio, come anche il volo su Francoforte (partenza alle 10.30am): praticamente tempo di smettere di salire che hanno annunciato l'atterraggio. Non abbiamo volato, ci hanno lanciato.
Dopo una breve attesa nell'aereoporto di Francoforte -dove non ho capito se ho evitato il check-in con un'astuta manovra di aggiramento a rischio di farmi impallinare o se fosse giusto così- sono magistralmente riuscito ad individuare il volo corretto. Un simpatico (...) omino ci tiene a vedere tutti i miei scartafacci e sapere un po' tutti i cazzi miei, prima di gibollarmi con tutta solennità un timbro sfigatello tipo quelli dei dinosauri sulla carta d'imbarco. Il volo è stato del tutto tranquillo, Air Canada (a un certo punto il pilota "Siamo in ritardo di cinque minuti, accellereremo un po' per recuperarli", relax zio che in Italia 5 minuti di ritardo è anticipo, evitiamo di frantumarci il cranio). Comunque aereo bellino, con tanto di schermo tach personale nonostante l'Economy.
Atterriamo alle 3.40pm in perfetto orario, sbrigo in tutta disinvolura le procedure burocratiche. Uscito fuori il freddo è qualcosa di diverso da quello normale, difficile da spiegare: dava la sensazione di essere sopportabile, ma mozzava il respiro ed era come se i polmoni vibrassero inspirando; avevo appena fatto la conoscenza con i negative twenties. Tassì (bum 40 sacchi) che mi porta dall'aereoporto a una via a due passi dall'università, dove abita una mia amica che si è offerta di tenermi le valigie per un paio di giorni. Perchè? A casa mia arrivava gente il giorno dopo e nessuno riusciva a darmi le chiavi, quindi la prima notte sarebbe stata in albergo (ops, ostello, bed & breakfast a 20$) e non mi fidavo troppo a portarmi dietro due valigie delle dimensioni di cuccioli di rinoceronte (cazzomene dei soldi, se mi scavallano la roba pesante assidero). Valigie consegnate con successo, lei -arrivata il giorno prima- si dimentica le chiavi dentro casa e nessuno che possa fare niente. Parte un giro di accorate telefonate a supposti landlords, finchè se ne shotta una fulminea e vincente in Bahrain (giuro) alla sorella di qualcuno che muove le leve giuste e un vecchio barbuto compare per vendere un nuovo paio di chiavi alla modica cifra di 25$, e fottesega se serviva solo che aprisse.
Saluto la rinfrancata connazionale e, mappa alla mano, mi dirigo a piedi verso l'ostello rifiutando di foraggiare con ulteriori 10$ la lobby dei tassisti chebecchiani. La strada è facile: dritto, poi a sinistra in Avenue du Parc -enorme, difficile non trovarla- e poi destra in via Duluth e sempre dritto. Easy. Ho la brillante idea di lasciare i guanti nell'unico bagaglio che mi sto portando dietro. Arrivato in Avenue du Parc capisco qual è il vero nemico della vita in questo posto: il vento. Un vento che ti frigge le interiora e ti trapana il buco nero. Un freddo che vedevi la Madonna. Mi avvio brandendo mappa e valigia, le orecchie sono totalmente congelate nonostante il cappello, le mani anche ma la priorità è impedire che le prime si stacchino. Non scherzo quando dico che in quei centocinquanta metri ho avuto paura di morire assiderato: la strada si allargava tantissimo, ai lati tipo cinquanta metri di niente innevato e un vento malato. Giunto al limite della sopportazione mi butto nella prima traversa che trovo, che solo per pura combinazione è quella corretta: è molto più stretta, il vento si placa e riesco ad arrivare biorecchimunito all'auberge.
Arrivo alle 7.30pm locali, avendo dormito un cazzo in aereo, e si tenga presente il fuso di sei ore. Il posto è infestato da francesi molti dei quali dal malsicuro inglese, al che io posso sfoggiare con possanza la mia conoscenza del fronsé. "Io sono stanco ragazzi, mi sa che vado a dormire""Vieni con noi che usciamo""Va bene", ma in fondo vent'anni li si ha una volta sola! Che vuoi che siano un volo intercontinentale e temperatura che si accomoda sotto i -30? Andiamo in questo postaccio, La Tulipe, dove si aggregano rapidamente un monte di persone, tipo finisce che siamo in venti. Ritorno a casa base alle 2.30am: sono ufficialmente sveglio da 27 (ventisette, due-sette) ore.
Il mio compagno di stanza, Joeffrey, è un parigino trapiantato qui a studiare architettura. Gli altri che hanno lasciato il segno sono Hugo e Isa, da vicino i Pirenei, entrambi lavorano all'ostello per poterci stare aggratis. Il posto è alquanto umile, con letti buttati un po' ovunque e dal chiaro sapore hippie, ma pulito e la gente è molto amichevole. Passo tutto il giorno dopo da loro a sbafo, esperienza per me nuova e davvero divertente, e poi saluto l'allegra compagnia per avviarmi verso casa.
La trovo con anche eccessiva facilità, e il ragazzo che mi cede il posto mi fa strada nell'appartamento mostrandomi la stanza. La casa, su due piani, è parecchio grande per gli standard cittadini: salone, una bella cucina, due bagni, cinque stanze e un ripostiglio che se ci metti un altro spillo diventa direttamente una nana bianca. Austin -da Vancouver- mi spiega le cose fondamentali da sapere. "Quindi ora non c'è nessuno, sono da solo?""Oh no, c'è qualcuno nel salone". Bum, sette-otto persone, girandola di mani e di nomi, "O sei italiano, dope!", un quantitativo di marijuana nell'aria che praticamente ci faccio l'aereosol. "Noi usciamo, vieni anche tu?" Come no, e via a scoprire la poutine -tipico piatto della zona, patatine fritte con formaggio e salse, leggero e genuino. Ci sono due ragazzi di New Orleans, una ragazza da qualche parte sperduta nel Colorado -due occhi, ragazzi miei! Ma sta con uno dei miei coinquilini, scoprirò-, uno di Los Angeles ("Macheccazzocifaiqui") che parla correntemente quattro lingue e scimmiotta con successo l'italiano, una coppia di ragazzi chiaramente omo che non ho più rivisto e ricordo solo che uno dei due era scozzese. Dopo la mangiata, all'una di notte pub e poi si va a dormire. A me mancano ormai una decina di ore di sonno nelle ultime quarantotto ore, ma le 3.40am sull'orologio le vedo ugualmente. Bilancio: una trentina di persone conosciute, tanto freddo, un po' di smarrimento ma la consapevolezza di essere pronti per questa avventura.
Capitolo due: La capitolale, Ottawa
OTTAWA: E' sabato, giorno sacro dedicato al riposo: pare logico ritrovarsi a "camminare" nel freddo -ma un freddo che ti trapana fin dentro l'intestino- verso il punto di ritrovo, ore 7.30am. Ci dovrebbero essere centoquaranta persone su centocinquanta totali che conosco: nemmeno uno, e all'imbarco mi ritrovo con 3 ragazzi indiani (di cui dovrò richiedere solamente 8 volte i nomi prima di padroneggiarli indomitamente, anche con un lieve accento di Bombay periferia parrebbe; una buona approssimazione potrebbe essere Jay, Radivak (ma qui veramente sto andando a sensazione)e Akash). Si arriva davanti al Parlamento, si scende e si scopre l'atroce verità: fa più freddo che a Montreal. Ma mondo infame, un vento che non so davvero definirlo ("uindcill", così lo chiamiamo noi del posto). Il parlamento è un edificio distinto, europeo nella sua facciata neogoticheggiante. Un incendio ne ha distrutto la gran parte nel 1916, e la ricostruzione ha ricalcato più o meno fedelmente il disegno originario. Davanti una fontana di cui ancora oggi mi chiedo il funzionamento: dall'acqua si alza una fiamma continua, probabilmente alimentata da qualche gas ma senza traccia di scintilla. Fantastico.
Le mura del Parlamento sono fatte di una roccia molto antica, tanto che si possono vedere alcuni fossili; la simpatica guida inculca qualche nozione basica di storia canadese nelle nostre superiori capocce europee. Possiamo anche dare un'occhiata alla sala del Senato e alla gigantesca biblioteca, contenente un numero notevole di volumi: a quanto pare, messi in fila sono alti il doppio dell'Everest (non lo so non ho controllato). Il tour termina con una visita alla torre, che permette una vista molto affascinante, con le montagne sfumate in lontananza in tutte le direzioni.
Si procede per il pranzo, e coi ritrovati amici indiani andiamo ad esplorare la zona del mercato dove individuiamo un locale anch'esso indiano: niente male. Persa ormai ogni speranza di ritrovare il plotone, andiamo alla pista da pattinaggio: un intero tratto di canale (Rideau) totalmente ghiacciato, la pista più grande AL MONDO, 7.8km -e ciò nonostante era piena da fare impressione. Il canale è ghiacciato fino alla sua confluenza nel fiume Outaouais (francese per Ottawa, pare), che separa il Quebec dall'Ontario. Nessuno di noi azzarda la noce del collo a pattinare e ci limitiano a qualche buffa foto e a osservare i numerosi chioschi di Beaver Tail (coda di castoro, non ho ad oggi avuto occasione di provarli; per gli ambientalisti tra, è un dolce). Ci avviamo oltre, imbattendoci nel Winterlude, una gigantesca fiera a cielo aperto di statue di ghiaccio; sul palco due fenomeni armati di motosega stanno acconciando un blocco di ghiaccio ciascuno, animati da un simpaticissimo speaker (che diceva prima in inglese e poi in francese le stesse cose, in quanto tutto il Canada è bilingue, pur essendo solo il Quebec strettamente francese). Le statue sono dei veri capolavori.
Il freddo spinge la comitiva a rifugiarsi in un mall, dove le nostre vie si separano consensualmente e sono libero di esplorare in solitudine. Il tempo già stringe e mi affretto verso la fabbrica di caramelle. O almeno così credevo: Royal Canadian Mint, che scopro in loco essere la zecca statale (non l'insetto quello fastidioso, credo che questi vendano soldi). No, in realtà ci sono andato consapevole di cosa fosse, avendo io sempre avuto una passione per le monete -sto diventando scemo a collezionare tutti i quarti di dollaro commemorativi. Rifiuto sdegnato la visita guidata (no in realtà davvero a malincuore perchè non avevo tempo) e mi dirigo diretta alla bottega, dove stupisco la dolce commessa con la mia expertise ("Questi sono dollari, non li usano solo in America -cioè, intendo America quella vera, gli Stati Uniti- ma anche qui in Eschimonia. Vedi, questo dollaro è d'argento, vuol dire che è la seconda che hanno coniato; questo è quello che noi numismatici chiamiamo "Fior di Conio" perchè il disegno è proprio bellino). Effettuo due acquisti: $20 d'argento e un libro con le monete del paese, passate e presenti.
Si avvicina ormai il randevù al pab, dove mi dirigo immantinente. Sono tra i primi e mi accodo facile a una comitiva formata da due finlandesi, tre francesi e successivamente anche due spagnoli. Si brinda alla vita per un paio d'ore e poi è già il momento di ripartire; sulla via del ritorno conosco un Olandese di genitori Surinamesi che parla anche tedesco oltre a un inglese impeccabile, e mi supera facile in francese; questo sempre per far capire quanto noi italiani sottovalutiamo l'importanza di studiare le lingue. Prova a iniziarmi al rap olandese -con successo non eccessivo, dato che non capisco una parola. Giornata finita, bilancio: una nuova bandierina piantata, una maglietta e una spilla con la foglia d'acero. E, una volta di più se fosse necessario, un'altra dozzina di persone conosciute random. Consiglio a quei due disperati che fossero arrivati a leggere a questo punto: fatela un'esperienza del genere se potete, vi prego. Cambia la vita.