Mi spiace non aver visto questo thread a suo tempo, anche perchè mi sarebbe piaciuto rispondere. Ma siccome meglio tardi che mai...
La locuzione in sè è stata usata da Wagner per una delle opere che compongono la sua Saga dei Nibelunghi. Si rifà, come tutta la tetralogia in questione, alla mitologia nordica; una mitologia che personalmente adoro, in quanto presenta elementi unici ed estremamente affascinanti. Uno di questi è proprio il concetto del Ragnarokkr: l'idea che un giorno le forze divine che rappresentano le forze costruttive e quelle che rappresentano le forze distruttive si affronteranno in un'incredibile e devastante battaglia in cui si uccideranno a vicenda. Gli dei norreni sono destinati alla morte e ne sono coscienti: caso rarissimo della mitologia in cui le divinità non sono eterne, ma mortali (altro mito interessante a riguardo è il mito di Baldr).
Trovo la mitologia norrena dotata di un'incredibile forza romantica e non è un caso che proprio Wagner la riportò in auge e vi attinse a piene mani.
Questo per spiegare il titolo in sè e da dove l'ho tirato fuori. In realtà a livello di tema si presta a molteplici interpretazioni. Alla fine sono due semplici parole e la prima, in particolare, "crepuscolo" presenta più significati, metaforici e non. Si può intendere crepuscolo come fine, caduta, scomparsa, sconfitta, oppure lo si può intendere in senso letterale come tramonto, parte finale della giornata.
Mi spiace che come tema sia stato tanto vituperato (anche se ho visto che il numero di racconti è stato assolutamente nella media). Fosse per me i temi di UniVersi sarebbero tutti un po' su questa linea: "Crepuscolo degli Dei" è certamente una locuzione insolita e può portare a un attimo di smarrimento, ma a ben pensarci lascia una libertà di interpretazione enorme, senza rinunciare a costituire uno spunto forte in grado di caratterizzare particolarmente i rispettivi racconti. Un po' come quel "Di felicità si può anche morire", che per me è stata una delle tornate migliori di UniVersi.
Per me è sicuramente più divertente avere a che fare con un titolo così (e mi è dispiaciuto non essere riuscito a partecipare proprio al "mio" tema), ma questo probabilmente è soggettivo. Non ho ancora avuto modo di vedere cosa siete riusciti a tirare fuori però!
Comunque per fare un piccolo paragone con altri tipi di titoli, io ne prenderei due che reputo esemplari.
1) Il mare: titolo semplicissimo, riferito a una cosa specifica. Questo titolo dà pochissima libertà di interpretazione: si parla di una cosa in particolare e questa cosa DEVE essere presente nel racconto; a volte si riesce a tirare fuori qualche significato metaforico o laterale, ma son casi particolari e comunque la libertà è relativa. Il risultato, che dipenda da questo o da altri fattori, è stata una tornata incredibilmente povera.
2) America: anche qui un titolo in apparenza semplice, ma l'oggetto a cui si riferisce risulta più vago, più manipolabile: insomma, non ci si sente bloccati, forzati o esageratamente incanalati su una data direzione. Magari ci si sforza di meno per pensare a un racconto, si scrive più facilmente, ma il risultato raramente è di qualità. America è stata la tornata record di quattro edizioni di UniVersi ma, secondo me, ha anche regalato i racconti più brutti e banali.
Non saprei dire se la qualità dei racconti sul Crepuscolo abbia confermato le mie teorie o meno, non avendoli ancora letti, ma di sicuro non vedo problemi in termini di quantità (sì, c'è stata la proroga, ma proficua). Di sicuro penso che il tipo di titoli di cui sopra, che hanno monopolizzato questa edizione, avendoli scelti forse un po' troppo in fretta, sia da evitare. Anche senza dover andare poi su titoli forse un po' estremi come "Il Crepuscolo degli Dei".