Tavajigen ha scritto:
Tutte le cene del mondo: 8,5 + premio della critica
Che dire, racconto al limite della perfezione. Profuma di crepuscolo estivo, è nostalgico, racconta pezzi di vita vissuta...questo è ciò che ho provato leggendolo. Ad ogni paragrafo immaginavo cosa stavo per leggere ma al tempo stesso non vedevo l’ora di leggerlo. La fine poi è davvero quella giusta.
Scrittura molto curata, forse a tratti troppo ricercata; a primo impatto rischia di rallentare troppo l’ingresso nel racconto da parte del lettore, perché meno immediata e fruibile, ma una volta preso il ritmo ci si fa l’abitudine e non si nota più.
Hai ragione. Col registro scelto mi sono assunto un rischio e avevo molta paura che potessi esagerare e risultare illeggibile. Come detto, a questo giro mi ero messo in testa di puntare il premio critica (non so neanch'io perchè, un "esercizio di stile" in un certo senso) e ho subordinato il racconto allo stile, mettendo la forma al centro di tutto, contrariamente a quanto son solito fare. Non si è trattato comunque di costruire una scrittura ricercata fine a sè stessa, in quanto odio gli autori che lo fanno. Ogni scelta linguistica e lessicale è stata minuziosamente ragionata (il lavoro di cesello ha impiegato ore e ho riletto il racconto così tante volte che ormai non riesco più a leggerne neanche una frase senza che mi venga la nausea
).
Il mio scopo era dar vita a una scrittura che si facesse carico di più piani comunicativi contemporaneamente. Volevo che ogni singola parola o figura retorica fosse in grado di assumere significati multipli, sia sul piano narrativo di per sè (la descrizione fattuale delle cose e degli accadimenti), sia sul piano emotivo (le emozioni e i sentimenti dei personaggi), sia sul piano sensoriale (profumi, sensazioni, eccetera), creando un intreccio molto stretto fra tutti questi piani. L'effetto che volevo creare era raccontare al lettore più cose in una volta, senza che lui, possibilmente, se ne avvedesse consciamente. Ad esempio certe sensazioni fisiche assumono anche forti significati simbolici e metaforici (i profumi "assopiti" che corrono verso il protagonista, come a sostituire la moglie e la figlia, appunto assopite, nel correre verso il padre di ritorno dal lavoro, come nel più classico dei quadretti familiari); oppure la descrizione di uno stato emotivo è contemporaneamente anche la descrizione di un evento reale e/o viceversa.
Esempio banale: Lucrezia che "affida alla parete i suoi malumori", o anche "il sole era tramontato sui sensi di colpa" che racconta sì lo stato emotivo di Nicola, ma vuole, sottotraccia, anche imprimere al lettore la sensazione del passaggio dal crepuscolo alla sera inoltrata, senza effettivamente descriverlo e lasciando che sia la mente del lettore, opportunamente stimolata, a fare tutto. Ovviamente in molti casi la scrittura non può che farsi ricercata, perchè si tratta di scegliere parole che si possan caricare di determinate sensazioni o "impressioni" e che abbiano un determinato suono.
Non so se sono riuscito pienamente nel mio intento, ma il tuo commento molto generoso e il generale apprezzamento mi dice che l'esperimento è stato abbastanza positivo, a dispetto magari di una certa pesantezza.
Tavajigen ha scritto:
C’è una nota però terribilmente stonata: il titolo. No e poi no, un racconto così bello merita un titolo migliore, almeno per me ovviamente. Suggerimento per il titolo: “Un trancio di pizza” oppure “Spezie”.
Hai centrato il bersaglio in pieno!
Ebbene sì, il titolo è davvero buttato lì e sono assolutamente d'accordo con te. È strano, perchè di solito il titolo è fra le prime cose che mi vengono in mente in un'idea, eppure a sto giro mi son scervellato tanto, ma non mi è venuto in mente niente. Alla fine ero sfinito dal lavoro di cesello che dicevo e volevo soltanto consegnare, anche perchè ero ormai al fotofinish, quindi ho messo l'unico vagamente convincente che mi veniva in mente e via. Ma sì, non è "il suo" titolo.
Apprezzo i suggerimenti, ma non mi convincono, visto che si riferiscono a passaggi non rilevanti a livello puramente narrativo (forse quelli che ti hanno più suggestionato?). Le alternative che avevo in mente erano qualcosa sul genere di "Solitudini" o "Cene solitarie", ma non mi convincevano e inoltre dicevano troppo sul racconto e sui personaggi e situazioni narrate e non mi piace guidare per mano il lettore.
Continuerò a pensarci, dovessi mai ripubblicarlo altrove.
Ti posso dire che ripensando al primo racconto tuo che ho letto (tornata "il castello" di tanti universi fa) trovo incredibile la differenza epocale nello stile della scrittura, hai fatto passi da gigante.
Sulle mie proposte di titolo: sembrano riferite ad un solo singolo passaggio del racconto, ma in realtà sono un bluff, perché soffermandosi un secondo si capisce che l'intento dei titoli sarebbe più corale. Il trancio di pizza sta ad evidenziare il fatto che lui passa la serata (e la vita, lavorativamente parlando) a portare manicaretti di ogni tipo, mentre lui si mangia solo un trancio di pizza, ma è un trancio di pizza di gran valore, dato che se lo mangia nell'unico momento di calma che ha e con l'unico uomo che si può definire suo amico vero, dato che tutti gli altri alla fine possono essere considerati incontri fugaci, o di passaggio, o comunque che non arrivano mai alla vera amicizia. Spezie invece punta più sul piacere finale, sul tesoro che l'eroe conquista alla fine della sua avventura. L'odore delle spezie è la prima cosa che lo accoglie a casa, ancora prima della famiglia, è lo stacco nel racconto, prima dell'apoteosi finale.