Visto che siamo in un forum di scrittura..... volevo un po' curiosare e sapere a quale tipo di scrittura vi ispirate?

Vi piace una scrittura prolissa, piena di descrizioni, puntigliosa, ricercata, piena di neologismi o parole rare? Oppure preferite una scrittura più densa di fatti e situazioni? Vi piacciono di più i dialoghi tra i personaggi? Oppure le introspezioni?

Flashback e salti temporali?? O eventi lineari???

Sparate sparate....

Bella discussione!

Io onestamente non sento di avere una grande cultura letteraria e quindi credo di non essermi ispirato a un tipo di scrittura o un autore in particolare, o almeno non con la piena consapevolezza e con i dovuti mezzi critici...
Così, "a posteriori", direi che mi riesce meglio scrivere in maniera "asciutta", provando ad evocare con poche parole, piuttosto che tramite descrizioni più prolisse. Spesso però trovo che il risultato di insieme venga un po' troppo frammentato e che manchi di fluidità; infatti, invidio decisamente coloro che hanno una scrittura più lineare e pacata e, a fronte di una maggiore padronanza delle parole, riescono con naturalezza e maggiore eleganza a tirare più per le lunghe una descrizione. Sicuramente, quello sì, mi piacciono molto molto i dialoghi, con i quali infarcisco i racconti e che uso alle volte per catapultare il lettore direttamente in mezzo alla scena.

Diciamo che sono molto affine a quello che ha già detto Marco.

A me piace, o meglio piacerebbe, riuscire ad essere molto chiaro e diretto...con poche parole dipingere la situazione, per poi soffermarmi in caso di descrizioni necessarie.

In questo modo imho potrei gestire al meglio i tempi della storia, accelerando nei momenti topici e inchiodando così maggiormente il lettore alla storia.

Ovviamente quello che vorrei e quello che faccio sono due cose molto diverse.

Anche perché non so a chi potrei ispirarmi, non mi intendo assolutamente di scrittura...dovrei fare uno di quei corsi appositi, ma non ne ho molta voglia.

Adoro i dialoghi. Un dialogo scritto bene descrive alla perfezione la persona che sta parlando...ovviamente considero i dialoghi la parte più difficile da scrivere.

Ultima cosa: cerco di dare sempre molta importanza all'evitare errori ortografici e grammaticali. Tutto perché se la storia non è un granché forse resta comunque leggibile se è scritta bene.

Io leggo poco, veramente poco. Ed ecco perché tendo a preferire le scritture rapide e sintetiche che non si perdono in descrizioni inutili e fine a se stesse. Questo, ovviamente, mi influenza anche nel modo di scrivere. Ed è solo in altre occasioni che sono prolisso. Quando "scrivo per scrivere" invece, cerco di essere diretto senza perdermi troppo in fronzoli. Sembrerà una cavolata ma mi ispiro molto allo stile del Nuovo Testamento della Bibbia che a prescindere dai contenuti ha diversi stili tutti molto diretti, tutti molto densi e senza inutili fronzoli.

Odio infatti tutto quello che è barocco che è superfluo che serve solo a far vedere che "sei un figo" che conosce 100.000 vocaboli inutili.

Crac
È tornato l'uccellaccio
Crac

Io più che scrivere leggo... leggo... e leggo.

Leggo/studio per lavoro, (saggi: sulle difficoltà incontrate dagli alunni nell'ambito matematico [discalculia, ansie, DSA…]; di matematica elementare; psicologia; tanta didattica; adoro Maria Montessori)
leggo per passione/svago (ultimamente romanzi storici)
leggo per acculturarmi (i classici)

Personalmente scrivo di pancia (come direbbe un psicoterapeuta), di getto.
In genere immagino i dialoghi, faccio parlare i personaggi nella mia mente
e poi trascrivo ciò che mi ricordo (spesso perdo l'ispirazione).
Segue poi un lavoro artigianale di limatura (quando va bene), di ristrutturazione/riscrittura (quando va male).

Pur non amando le parti descrittive, quando leggendo ne trovo una fatta bene...
me la gusto come fosse una birra fresca d'estate.
Penso, ad esempio, a Camilleri.

Nei romanzi moderni la trama è importante, a volte più dello stile.
Harry Potter, ad esempio, nell'ultimo capitolo della saga - “i doni della morte”-
ha un finale strepitoso e ben congegnato,
pur essendo il libro, nella parte centrale, piuttosto noioso/prolisso.

Adoro il fantasy... ma quello “vero”, che ha più piani di lettura,
ricco di metafore (penso ad esempio al “signore degli anelli”),
o citazioni che arricchiscono il libro.
Anche lungometraggi, come Shrek, sono infarciti di citazioni cinematografiche.
Citare altri autori, stili, parafrasare una frase famosa...
è un bel gioco.

Penso che uno scrittore dovrebbe avere capacità empatiche per creare personaggi diversi da sé.
Osservare gli altri, cercare di capirli è un esercizio importante;
leggere i classici russi, anche.
Insomma uscire dal proprio egocentrismo per entrare nei panni di qualcun altro:
per me una cosa difficilissima.
Ultimamente mi esercito osservando mia figlia di 17 mesi.

Scrivo e amo la scrittura umoristica ed elegante:
Ho amato “il più grande uomo scimmia del pleistocene” di Lewis
e “il professore va al congresso” di Lodge.

Leggo Neruda in lingua originale, anche se non conosco lo spagnolo.
La traduzione a fronte mi serve solo per capire il senso delle parole che non comprendo.
La poesia è “significato” e “suono”.
Nessuna traduzione più conservare il "suono" originale.

Infine bisogna pensare a chi ci legge. Per chi scriviamo?
Se inserisco citazioni filosofiche, ad esempio, creerò un livello di lettura
che molti faticheranno a comprendere.

Crac!

Si?!...
Arrivo mio Signore!
Stavo gracchiando con alcuni amici!

Crac

CRACK!
Mi fi è speffata la lingua!

Crac!

Munin ha scritto:



Quoto ad ampi tratti il tuo discorso, ma più di tutto quoto questa frase.

La cosa più difficile è proprio questa, almeno per me.

Nemmeno io riesco a definire una tipologia di scrittura preferita, dovre farmi uno studio sopra..
la cosa che di certo posso dire è che la maggior parte delle volte da come sono scritte le prime 2-3 righe capisco se il libro/racconto mi sarà gradevole o meno.. o forse sono io che mi faccio troppo condizionare dalla prima impressione.

Quanto a scrivere direttamente in effetti quello che più mi piace è parlare di personaggi lontani da mio e cercare di riuscir a rappresentare il loro spiccio di mondo.. infatti chi si ricorda i miei raccontini sa che ho spesso parlato di bambini, anziani, donne, prostitute e quant'altro e questa è proprio la sfida che c'è sotto.

Io non credo di avere uno stile di scrittura ben definito. Chiederei conferma a Gensi o a Marco, che hanno letto più di un mio racconto.
In genere modifico il mio stile in base alla storia, all'ambientazione, ai personaggi protagonisti, a quello che voglio comunicare e alle emozioni che voglio trasmettere. Per me lo stile di scrittura è qualcosa di funzionale a ciò che vuoi raccontare e dipende dal racconto: spero di non costruirmi mai uno stile personale, ma di essere sempre in grado di mutare il mio modo di scrivere in base alle necessità del momento. Posso scegliere un registro più alto ed essere più prolisso nelle descrizioni in un racconto come quello su "Il castello", nel tentativo di ricreare un atmosfera "antica" e ovattata, oltre che in appoggio a un racconto in cui le sensazioni sono più importanti degli eventi in sè. Per un racconto come quello della tornata "Le ombre", in cui invece la protagonista assoluta è una bambina, il suo punto di vista e il suo mondo, ho optato per uno stile di scrittura molto più semplice. Ho fatto inoltre uso di frasi molto brevi nel tentativo (riuscito o meno non lo so sempre nel racconto su "Le ombre", prologo ed epilogo sono costruiti in maniera diversa, per ricreare un linguaggio da fiaba antica.
Insomma, mi sforzo di essere imprevedibile nei miei racconti e considero lo stile uno strumento come un altro nelle mani dello scrittore.

Forse questo mio modo di considerare lo stile di scrittura come funzionale alla storia si riflette anche nelle mie opinioni di lettore. Infatti non sopporto assolutamente quando un racconto viene scritto in funzione dello stile invece che per raccontare qualcosa. In genere quando leggo preferisco uno stile semplice, senza fronzoli esagerati, ma che sappia comunicare in maniera semplice e immediata. Non rifuggo tuttavia da stili più "pesanti" a patto che non siano fini a sè stessi. Mi sono imbattuto spesso in scrittori in cui una storia spesso insignificante (quando non è totalmente assente) serve solo da supporto ai giochetti letterari narcisistici dello scrittore stesso, alla "quanto sò bravo, quanto sò figo". Ma in ogni genere d'arte tendo ad odiare i giochetti intellettuali autocelebrativi: non mi interessa la forma se non c'è la sostanza.
Uno scrittore emblematico da questo punto di vista è Baricco, che pure considero uno scrittore capace, che sà il fatto suo, con un'immaginazione splendida e una sensibilità fuori dal comune, che ha avuto e avrebbe tanto altro da raccontare. Eppure proprio non ce la fa ad evitare per più di 5 pagine le sue masturbazioni letterarie. Prendo ad esempio "Castelli di rabbia" che pure ha per sfondo personaggi stupendi e una bella storia. Bene, all'inizio del libro, improvvisamente e senza alcuna ragione apparente, il nostro eroe si lascia andare a deliri allucinanti e senza senso riguardo al treno, della durata di circa 15 e dico 15 pagine, piene di frasi auliche e leziose ed evoluzioni barocche totalmente fini a sè stesse. Non so cosa mi abbia trattenuto dal chiudere lì il libro e lasciarlo nel dimenticatoio. Quelle pagine sono l'esempio perfetto di quello in cui non vorrei mai imbattermi quando leggo qualcosa. Baricco avrebbe potuto essere molto di più in letteratura se fosse stato un po' (ma anche molto) meno narciso. Non a caso la sua opera migliore (imho) è Novecento, che nato per il teatro, lo ha tenuto lontano da certe pantomime.

Munin ha scritto:


Non sei un professore di matematica, vero? Ho sempre avuto un rapporto difficile con loro.

White Lord ha scritto:


Crac!
Do i numeri!

Insegno matematica sì!
(In una prima, in una seconda e in una quinta)
Ma non sono un prof., son un maestro elementare.
Insegno anche musica e scienze (quest'anno).
L'unica disciplina che ho insegnato poco ... l'italiano!
(curioso visto l'argomento di questo sito).

È affascinante, credimi, capire come i bambini ragionano, quale percorso logico percorrono, cosa comprendono... aiuta ad aiutarli.

Se questo non mi "riabilita" aggiungo che...

... ho letto/riletto "il piccolo principe" .

Crac!

Ok, ok. Ti assolvo dai tuoi peccati.
In fondo alle elementari la matematica mi piaceva. Me l'hanno fatta odiare dopo.

gensi ha scritto:


mi fa ridere rispondere a un messaggio di un anno fa..

..tuttavia mi hanno insegnato che leggere è il primo passo per saper scrivere

perciò più leggerai e più vedrai nella tua scrittura tante cose molto migliori di prima

rispondendo alla domanda iniziale.. ho modificato il modo di scrivere da qualche anno a questa parte

nel periodo ginnasiale mi dilettavo a contorcere la sintassi quasi fosse un serpente attorno a un topo.. con l'aggiunta del sopruso di terminologie obsolete e l'aggravante della scelta di un linguaggio criptico

mio padre, che sempre aveva letto i miei scritti, mi prese con sé un giorno.. ammonendomi di imparare questo semplice concetto:

la semplicità non è un punto di partenza.. ma un punto di arrivo

non pretendo di arrivare a scrivere bene come lui.. ma pian piano mi avvicino alla sua filosofia di una scrittura semplice e limpida

diciamo che da questo punto di vista per me il "modello" è proprio mio padre

Io mi baso sul concetto che se qualcuno ha scritto un 'primo libro' al mondo senza leggerne nessun altro, questa cosa, si può ripetere all'infinito

Anche perché a me, dello stile, non me ne frega niente. Se leggo, lo faccio per capirne i contenuti.

6Rimbaud ha scritto:


Un emulo di Psycho_Kikini insomma.

6Rimbaud ha scritto:


Sarai mica figlio di uno scrittore professionista?

beh.. diciamo di si

Adesso ci devi dire chi è.
E magari invitarlo qui.

White Lord ha scritto:

Meglio di no, potrebbe rivoltarsi a leggere certe porcherie qui!

gensi ha scritto:


Penso si renderà facilmente conto che siamo solo scrittori amatoriali e che scriviamo per divertimento. Magari potrebbe darci consigli utili, invece.

uhm.. aspetta

mio papà è giornalista.. ha scritto anche dei saggi brevi e ha tenuto lezioni di scrittura (immagino perlopiù giornalistica) in università..

..ma, riguardo alla capacità di stesura di veri e propri libri (di narrativa intendo), probabilmente ne sapete di più voi XD

"la semplicità non è un punto di partenza.. ma un punto di arrivo"


Ha ragione tuo padre, condivido pienamente.