"Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto." (Italo Calvino)

AU1-02: E se...

Riflessi di Drauen


Christine entrò nell'appartamento. Lasciando lo zaino a terra vicino l'ingresso, continuò a parlare ininterrottamente e a camminare veloce. George la seguì ascoltandola, senza pronunciare una sillaba. Dalle vetrate filtravano raggi di sole caldi, illuminando l'ambiente interno, ma schermando e impedendo il godimento della vista esterna. L'uomo richiuse la porta dietro di sé e si osservò intorno, non vedendo più la compagna. L'angolo cottura ad alta tecnologia e l'arredamento minimal in pelle bianca del soggiorno erano deserti, ma la voce di Christine giunse di nuovo, segno di aver già raggiunto la camera da letto adiacente. George non la seguì, ma si avvicinò alle finestre, cogliendo finalmente la vista di Central Park e lo skyline di New York. L'appartamento non grandissimo ma dotato di tutti i comfort e situato al cinquantunesimo piano di un grattacielo della grande mela, doveva valere più di quanto avrebbe potuto guadagnare onestamente in un'intera vita.
Christine tornò nella zona giorno ancora muovendo le labbra ed emettendo suoni non troppo gradevoli all'orecchio maschile.

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AU1-01: Crossover

LA FEDE di Drauen
Tema: Siamo in missione per conto di Dio

Due uomini entrarono nel locale. Pareva avessero fretta. Uno dei due era bianco in volto e si guardò intorno spasmodicamente. L'interno era debolmente illuminato nonostante l'ora pomeridiana. Le vetrate scure e i pochi avventori creavano un ambiente poco accogliente. Ma questo non importava. Il posto non fu scelto a caso. E poi la vide. Una luce tenue al muro a evidenziare una porta.
“Eccolo finalmente!” e si fiondò nella direzione.
L'altro stette in piedi fermo e sbraitò come se fossero soli.
“Te l'avevo detto di non mangiarti tutti quei tacos. Ora cerca di non rendere quel cesso come un angolo dell'inferno. E muoviti, non abbiamo tempo da perdere!”
Il rimprovero non fu nemmeno ascoltato dal primo. Si era già rintanato al sicuro ad evacuare. JB invece fu soddisfatto della propria esternazione e con una smorfia compiaciuta si guardò meglio intorno. Quattro tavoli, solo uno occupato da due uomini, un tavolo da biliardo, un televisore acceso su una mensola al muro, al bancone una bionda girata di spalle.
Lei era totalmente fuori luogo. Piccolina, con due lunghe code laterali, un vestitino corto bianco che metteva in risalto le gambe lisce. Beveva dalla cannuccia un intruglio colorato e non si curava del mondo intorno.
“Oh, un po' di fica qui!”.
JB si diresse al bancone e sedendosi sullo sgabello a fianco con un balzo, si presentò alla bionda alla sua maniera.
“Ciao baby. Che ci fa qui una ragazza tutta sola?”
La ragazza si girò e gli sorrise amichevolmente.
“Ciao! Cercavo un posticino per stare un po' da sola. Cioè, non intendevo dire che sei di troppo! Ma sai, le mie amiche certe volte son un po' pressanti. E così ho bisogno di prendere un po' d'aria. Ma fuori fa un caldo incredibile! Non pensavo che Los Angeles fosse così afosa. Da dove vengo io piove sempre... E poi entro in questo locale e non hanno nemmeno delle fragole per un bel frullato. Ho dovuto ordinare un succo di frutta da discount. Te invece? Che mi racconti d'interessante?”.
Un turbine di parole. Eruttò tutto gesticolando incessantemente. Una vocina acuta ma non fastidiosa. Ma soprattutto un viso angelico che colpì JB lasciandolo inizialmente senza parole.
“Mio dio! Ma quanto parli?! Riesci a respirare tra una frase e l'altra?
Beh, io son qui di passaggio con un mio amico. Sai, abbiamo affari, progetti, non ci crederesti mai! Non siamo quel tipo di uomini che perdono tempo bevendo birra in un locale alle due del pomeriggio.”

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