Tavajigen ha scritto:
Cerco di spiegare un po' meglio il mio ragionamento.
Se qualcuno si approccia alla scrittura solitamente cosa fa? Una di queste cose:
1) Non lo dice a nessuno, o lo dice ma non fa leggere i suoi scritti a nessuno.
2) Fa leggere i propri scritti a parenti e amici, che per il rapporto personale che hanno difficilmente criticheranno in modo onesto lo scritto, anche incosciamente.
3) Si rivolgono ad un editore, che o li accetta o li respinge.
La maggior parte della gente che conosco è al punto 1, qualcuno è arrivato al 2, quasi nessuno al 3.
UniVersi nasce per dare un'alternativa ai punti 1 e 2, ossia per permettere di far leggere i propri scritti a gente sconosciuta (o conosciuta, dopo anni e raduni, ma l'anonimato nella pubblicazione dei racconti garantisce comunque ancora di presentarsi come sconosciuti) e di ricevere quindi critiche il più oggettive possibili.
Il concorso poi è un giochino messo su soprattutto per costringerci, con delle scadenze e dei temi sempre diversi, a scrivere, né più né meno.
Nel loro piccolo, gli utenti di UniVersi possono tentare di rispecchiare statisticamente i lettori che ci sono in giro, ossia gente non del settore, gente "di strada". Proprio per questo può esserci il lettore a cui un racconto piace tanto e dà un voto alto e commenti positivi e un altro lettore a cui lo stesso racconto fa schifo e dà voto basso e critiche feroci.
E' qui che subentra il discorso del buon senso:
Se il lettore fa critiche non motivate (sia positive che negative) e sembra quindi dare voti a caso, o se l'autore se la prende a male e smette di partecipare, evidentemente penso che entrambi non siano pronti per fare il "salto" dal punto 1 o 2 a qualcosa di diverso come può essere UniVersi.
Questo discorso che faccio e che ho sempre fatto da quando sono qui dentro (perché per me è questo il significato di UniVersi), va al di là delle regole e del concorso.
Vorrei scrivere qualcosa in merito a quello che dici. Sono in generale d'accordo con quello che hai messo giù tu, però non del tutto. Personalmente sono sempre stato al punto 2, anche da ragazzo. Ho sempre fatto leggere quello che scrivevo, non l'ho mai tenuto per me a meno che fossero pensieri personali, pagine in un certo senso di diario (che non ho mai scritto, non in maniera organica). Ma tutto quello che era narrativa, o che comunque aveva una finitezza, l'ho proposto ad altri, cercando anche sconosciuti o perlomeno persone che non mi conoscessero troppo a livello personale. In alcune fasi ho anche scritto per delle riviste, non narrativa, o per delle pubblicazioni locali, occupandomi di musica, cinema, sport e talvolta anche di letteratura. Non è mai stata la mia attività principale, è sempre stato un "di più", e in alcui periodi un'autentica necessità, più personale che economica. Ora, dopo aver scritto quel lungo sfogo dopo la morte della mia amica, sto navigando verso il punto 3, con maggiore forza: ho finalmente una grande storia, o almeno credo, e da un po' ci sto lavorando sopra, cambiandola notevolmente rispetto a quello che ho buttato qua su UniVersi. Non ho tempi certi, non so quanto ci vorrà, se sarò capace di dare una nuova forma a quel "tutto" e se ne sarò davvero sodisfatto, ma questo è il futuro e ora voglio rimanere al presente.
Lo dico subito, come avvertenza: non vorrei che quello che sto per scrivere possa risultare arrogante o stupido. Io non sono a nessun livello, non ancora e forse mai lo sarò. Ho solo una storia potente e forte, dalla quale potrei tirare fuori qualcosa di buono, tutto qua. Ma allo stesso tempo non ho bisogno di UniVersi per scrivere: prendetela davvero senza alcuna arroganza, non vorrei essere male interpretato, sia chiaro. Riesco a trovare molti lettori, e talvolta i loro commenti mi piacciono, altre volte no, esattamente come quelli che ricevo qua. Ed esattamente come qua, talvolta provo malessere nel ricevere quello che mi viene dato, non tanto per le stroncature che mi stanno benissimo sia chiaro, ma perché spesso quelle stroncature mi sembrano del tutto fini a se stesse, non vengono spiegate, mi sembrano calate da un "alto". Io preferirei leggere: "Andrea/arturo il tuo racconto non mi piace, è proprio brutto". Così, semplicemente, senza tante spiegazioni a cui non trovo un filo logico. Contraddizione? In un certo sì, ma trovo mggiormente rispettabile il gusto, rispetto a parole forzate e spesso poco comprensibili. Insomma, trovo molto più chiaro il "non mi piace", rispetto a tanti discorsi, così spesso senza ne capo ne coda. Allo stesso tempo rimango volentieri qua perché sento nei confronti del concorso e dei vari utenti che ho incrociato in questi anni dentro al sito, un forte debito di riconoscenza: se ho ricominciato a scrivere narrativa, lo devo a questa situazione, a questo luogo. Io non ho partecipato ai raduni, io non conosco nessuno personalmente, nemmeno Lesaz per dire, anche se lo considero un amico. Ci siamo scritti molto in questi anni su Ht, in privato, nell'ultimo periodo riguardo a UniVersi, ma prima anche su altro. Ha inoltre letto alcuni racconti lunghi che non ho proposto sul sito e che non so se proporrò mai.
Ma torniamo al punto, al debito nei confronti di UniVersi. Io voglio rimanere qua dentro, davvero. Non lo dico adesso per poi magari sparire in futuro. Potrei non scrivere sempre a tutte le tornate, si capisce, però mi impegno fin da ora a rimanere dentro fino a quando questa creatura avrà vita e a cercare di mantenerla attiva e forte, anche in futuro, nonostante gli eventuali cali. Allo stesso tempo vivo un certo malessere, perché temo che tutto questo possa diventare sterile, soprattutto se non ci saranno dei veri e profondi cambiamenti. Cambiamenti che non sarebbero necessari in un altro momento, ma dal mio punto di vista del tutto inevitabili se si vuole dare nuovo fiato a questa situazione.
Se non si cambierà qualcosa di sostanziale, a mio parere, potrebbe avere ragione Rimb, ovvero che UnVersi è del tutto finito e che ormai è tempo di chiudere. E voi sapete quanto mi dia fastidio ammettere che Rimby ha ragione su qualcosa!