Gatti di arturobandini
“Ahia, cazzo! Fai piano!”
“Ma se non ti ho fatto niente, quante manfrine”.
“Nessuna manfrina, mi hai piantato l’ago troppo forte!”
“Non è vero, e poi fa l’uomo”.
“Ma che uomo e uomo, ci sei andata giù decisa. Ciccia, guarda che siamo nella stessa barca io e te”.
“Ciccia? Non ti azzardare mai più a chiamarmi ‘ciccia’!”
“Va bene, scusa. Dai, dammi l’altra siringa che adesso tocca a te. Tira giù i pantaloni”.
“Non tiro giù un bel niente di niente, non fare il cretino. Piuttosto, anche tu fa piano come ho fatto io”.
“Ma se mi sta venendo il livido! E poi faccio piano sì, se no chi ti sente a te”.
“In che senso?”
“Nel senso che quando ti fai male diventi una specie di scimmia urlatrice. Non ti sei mai accorta di quanto diventi isterica?”
“Isterica, io? Ma che cazzo dici? Non ti permetto...”
“Fatto!”
“Fatto che?”
“L’iniezione, che altro”.
“Eh?”
“Ti ho distratta, così non hai sentito niente e niente scimmia urlatrice. Semplice, no?”
“Allora sei proprio uno stronzo!”
“Come uno stronzo? Preferivi sentire dolore? Scusa, ma alle volte non ti capisco”.
“Va bene l’assenza di dolore, però mi hai preso in giro senza che me lo meritassi. Non si fa, sei uno stronzo”.
“Beh forse un po’ sì, me lo dice sempre anche Annarita. Ma, non è il risultato che conta?”
“Non ho dubbi sul fatto che anche Annarita ti consideri uno stronzo. Ti sei mai chiesto perché le due donne con cui passi la maggior parte della giornata ti considerino entrambe uno stronzo?”
“Sì, va bene... A che ora hanno prenotato la palestra per i test?”
“Adesso non cambiare discorso. Ti ho fatto una domanda e pretendo una risposta. E niente ‘ciccia’, se no...”
“Sì, sì, ok. Lo so, a volte faccio lo stronzo e vi prendo in giro. E’ più forte di me. Che ci posso fare?”
“Mi chiedo spesso come faccia una ragazza simpatica come lei a vivere con uno come te”.
“Per il sesso, dice che scopo bene. Vuoi provare? Ahiaaa, ma ti sembra il caso? Le sberle no!”
“Ci provi con me e niente sberla? La prossima volta che la vedo, glielo dico che ci hai provato!”
“Ma no che non ci stavo provando, dai. Mamma mia non si può mai scherzare con te. Sei rigida come un palo”.
“Non è vero!”
“Sì che lo è”.
“Finito il test chiedo al professor Rovazzi di cambiarmi collega di esperimento. Non ti sopporto più”.
“Tanto finiresti comunque assieme ad un altro coglione come me, sfigato e sfruttato come noi”.
“Quello è vero. Ma penso sia impossibile trovarne uno uguale a te. Potrei dimostrarlo scientificamente”.
“Ma dai, che si fa per passare il tempo. Ti rendi conto che ci siamo appena iniettati un siero contente il DNA di un gorilla? Per la miseria di cento euro, poi”.
“Già. Siamo dottorandi senza un soldo e ci offriamo di testare farmaci per campare. Quando ero ragazzina non avrei mai pensato di cadere così in basso”.
“E tra poco ci tocca andare in palestra a fare le prove per capire se la nostra forza è davvero aumentata. Quanto dovrebbe durare l’effetto?”
“Rovazzi dice tre ore, ma secondo me è tanto. Da quello che ho capito le molecole sintetizzate dalla sequenza non dovrebbero essere molto stabili. In ogni caso, troppo”
“Chissà se ci trasformiamo entrambi in scimmie urlatrici, eh eh eh. Ehi, posa quell’affare! Dai su, Carla...”
“Se ti prendo, te la spacco quella testa di cazzo! Vieni qua, stronzo…”
“Anf, anf… Aspetta… Carla, fermati. Carla, cazzo son serio”.
“Cosa? Tanto non te la faccio passare liscia!”
“Sto… sto male. Cioè, più che star male, mi sento strano”.
“Sarà il siero… aspetta… anch’io mi sento strana...”
“Io… non dovevamo prendere quella merda. Carla? Perché ti metti a quattro zampe… non riesci a stare su? Aspe… anch’i...”
*
“Anfossi, ha lei le chiavi?”
“Sì, professore”.
“Chissà che fine hanno fatto quei due. Dovevano iniettarsi il siero, aspettare che facesse effetto e venire da me. Nessuno in facoltà li ha nemmeno visti”.
“Professore, doveva permettere a me di testare il preparato, non a quei due cialtroni”.
“Forse ha ragione, Anfossi. Ma loro non hanno borsa, mentre lei è a retribuzione piena. Due soldi glieli volevo riconoscere, almeno quello. Comunque, apra questa porta e vediamo. Speriamo solo che non si siano sentiti male”.
“Uh, quanto è dura… Lamella, Boido ma che state combinando?”
“Ma che succede a questi due? Perché camminano a quattro zampe? Lamella, che fa, si struscia? Anche lei, signorina Boido, lasci stare Anfossi… ma che succede?”
“Aspetti che guardo nel frigo… Oh no, cazzo! Cazzo, cazzo!”
“Lamella, si allontani, subito! ‘No’ cosa? Che ha da inveire, Anfossi?”
“Professore, guardi, ho fatto un… un pasticcio”.
“Quale pasticcio? Lamella, non odori il sedere alla Boido, la smetta subito!”
“Ho… ho portato in laboratorio due campioni di DNA dei gatti dei miei genitori. Devo aver confuso le provette con quelle dei gorilla, e ho sintetizzato la sostanza sbagliata. Le ho classificate con ‘Maschio’ e ‘Femmina’, come previsto dal protocollo. I colleghi non potevano saperlo”.
“Che cazzo sta dicendo? Mi scusi per il linguaggio, Anfossi. Sa, la situazione… Lamella, smetta subito di svestire la Boido!”
“Temo che sia inevitabile professore”.
“In che senso?”
“Veda, avevo preso quel DNA per creare un siero che mi permettesse, ecco… ecco di risvegliare la libido della mia compagna. Non facciamo sesso da sei mesi”.
“Lamella, cosa fa? Oddio non posso guardare, l’ha montata come una bestia e lei ci sta! E dire che normalmente la Boido lo detesta..."
“Professore, i campioni all’origine appartenevano a un maschio e a una femmina. La gatta era in calore”.
“Cioè, lei ha pasticciato con i miei campioni, la mia ricerca, ha messo nei guai i miei collaboratori, perché voleva scopare?”
“Più o meno”.
“Quando avremo risolto questo delirio, farò in modo che lei venga licenziato, in tronco”.
“Lo capisco, me lo merito. C’è da dire che il mio siero funziona alla grande! Guardi come ci danno...”
“Esca di qua, subito! COGLIONE!”
“Non posso almeno portarne a casa un po’? Del composto, intendo. Così potrò...”
“Se ne vada, SUBITO!”