Scampami dalla spada di Scarpax73
Quello è il mio capo che mi ha mandato qui. Mi dice vai che c’è il carico da portare, ma io ho le ferie dico e lui se ne fotte, mi dice la crisi e bisogna lavorare. E' così che va adesso, se hai un lavoro te lo tieni stretto e stai zitto. A quest’ora dovevo essere già tornato a casa e invece la neve mi ha bloccato. Ieri sera ho telefonato al capo e gliel’ho detto che l’autostrada era bloccata, lui mi dice di dormire nel camion nell’area di sosta che poi di mattina si può circolare, ma nel camion c’è un freddo che ti si gelano i piedi. Così sono andato in un motel che conosco, non è come dormire a casa, ma le stanze sono calde e le lenzuola pulite.
Prima di andare a dormire telefono a casa, mi risponde mio figlio, sono contento di sentirlo così ci parlo, papà sta bene, è solo un po’ di neve, domani torno certo. Sì papà, dice, sì papà, sì papà. Alla fine mi distendo su letto ma sento dall’altra parte del muro una checca che parla al telefono, grida, e tu non mi dovevi fare questo, e tu non dovevi fare quello, ma io a quella stronza, e tu non ti fare più vedere, e cose così. Tiro due pugni al muro e gli urlo di fare silenzio che c’è gente che lavora e la sera deve dormire, sento lo stronzo che grida fanculo tutti, poi sbatte il telefono a terra e fa silenzio. Non riesco più a dormire, allora penso di andare a prendere una birra giù al bar e quando apro la porta della camera si apre anche la porta accanto ed esce fuori la checca. Ha una vestaglia rossa e sotto si vede che è nudo, ha il trucco colato giù sulle guance e fuma, mi fa sei tu che tiri pugni al muro? Sì, dico, e se vuoi ne tiro uno anche a te. Ma lui si mette a ridere, e dice tutti così dite, e poi invece. Ma a me mi fa schifo pure a guardarlo e se sto ancora fermo lì finisce male e allora prendo le scale, ma lo sento ancora ridermi dietro come una pazza. Che poi vorrei sapere che cazzo ha da ridere uno così. Ma mi ha messo su il nervoso e scendo giù per le scale come un forsennato fino a uscire fuori, all’aria aperta. Il bar è due isolati più avanti, di solito ci vanno i camionisti ma non c’è nessuno che conosco, allora bevo due birre e mi guardo attorno, è un mortorio, due vecchi a un tavolo, nessuno con cui fare due chiacchiere e il barista si fa i cazzi suoi al cellulare. Prima di tornare in stanza decido di passare a dare un’occhiata al camion così vado all’area di sosta. Di solito la sera si vede qualche trans lì, so di colleghi che ci vanno a farsi fare i pompini, e poi magari vanno con le mogli, a rovinare la famiglia con le loro malattie, che schifo a volte la gente. Il camion è a posto, lo metto in moto per un po’ per fare scaldare il motore, va come un orologio, sono io a fargli la manutenzione, mica tutti lo sanno fare come me. Quando scendo dal camion la vedo, la ragazza dico. E’ messa seduta sul guard rail quasi alla fine dell’area di sosta. E’ vestita leggera con un giubbotto e la minigonna jeans e gli stivali, si vede che ha freddo, è tutta rannicchiata con le braccia incrociate e le mani sotto le ascelle. Non l’ho mai vista prima qui, e non capisco se è una puttana. Quando lei si accorge che la sto guardando mi fa un cenno con la mano, così con le dita aperte a vi sulla bocca, come uno che fuma. io faccio cenno di sì con la testa e le faccio il gesto di avvicinarsi che le do una sigaretta. A guardala da vicino è poco più di una ragazzina, ha capelli neri e occhi scuri, la luce arancione dei lampioni forse le pialla i lineamenti, penso. Magari è più grande di come sembra. Lei mi dice che bel camion che c'hai è tuo? Mio no, dico, è della ditta, ma lo guido io e poi le cose appartengono a chi le usa, in qualche modo, o no? Lei mi dice che allora è la padrona di quell'angolo dell'area di sosta, e ride. Ha un bel modo di ridere, mentre tiene la sigaretta e butta via il fumo. Gli occhi si stringono e la bocca grande si apre, ha i denti d'avanti distanti fra di loro ma è bella da vedere. E sei solo? mi fa. Si, sto al motel della circonvallazione. Hai trenta? Sì. Andiamo, dice, e ride ancora. Al motel il portiere di notte ci guarda ma non dice niente. Il finocchio non è più sul pianerottolo, sarà andato a farsi inculare. In camera lei mi mette le braccia sul collo, mi vuole piacere. Io le dico perché non la smetti di fare la puttana, non è una cosa per te, si vede. Sei carino a dirmelo, dice, ma ora ho bisogno di soldi e un posto per me. Penso cosa potrebbe fare con una possibilità, se avesse una lavoro vero, se qualcuno l'aiutasse. Ma nessuno ti da niente. E lei sarà destinata a prendere solo cazzi. E' uno spreco insopportabile. Io mi faccio un po' male, dice, è che non sono tanto abituata. Ci spogliamo e spengo la luce, al buio è meglio, senza guardarla in faccia, che poi mi ho il rimorso e non mi viene duro. Lei si distende sul letto e mi dice vieni, in modo dolce, ma sopra di lei capisco cosa è veramente, una bambina che gioca a fare la puttana, una ragazzina rigida, le braccia tese per tenermi il più lontano possibile, i muscoli dello stomaco che si stringono e le ginocchia che si toccano per non farmi andare a fondo. Allora la metto pancia sotto, con tutto il mio peso su di lei così non si può più muovere, curvo la schiena e entro e la scopo come tutte le altre, con una mano sulla base del collo e con l'altra che la tengo per i capelli. So che le sto facendo male e che non griderà, stringerà i denti, sopporterà. La abituo alla vita.
Vengo. Lei si raggomitola in un angolo del letto,la tocco ma rimane ferma. Perché non rimani qui un po'? Pago io, Ti vengo a trovare, magari ti cechi un posto come cassiera o altro, dico. Perché non chiudi quella cazzo di bocca? dice. E si alza dal letto. Perché non mi dai i miei cazzo di soldi? grida.
Il finocchio è rientrato, ho sentito la porta della sua stanza chiudersi. Zitta, le dico. Fottiti, grida sempre più forte, fottiti. E pensare che volevo darle una possibilità, signor commissario, ma in quel momento non stava zitta, non stava zitta e io ho stretto troppo a lungo.