"VIAGGI DIVERGENTI" di marcoslug
Prato, Piazza Stazione Centrale, ore 20:30
« Babbo, ma sei sicuro? »
« Vai libera, Fede! Gliel’ho detto a i’ Nardini. »
« E...? »
« E non c’è alcun problema! Sai quanti favori i’ Nardini mi deve... »
« Ok, dai. Bacio! »
« Ciao, bimba! Oh, mi raccomando, occhi aperti! »
« Ma babbo, così mi spaventi! »
Federica: ventitre anni, un corpo agile e spigoloso ma generoso laddove c’è da essere generosi, una frangetta indisciplinata, un senso della giustizia pari solo a quello dell’avventura e del sapersi arrangiare. Sale sul pullman, dopo aver depositato con cura la borsa-weekend nel vano portabagli. Il conducente, il signor Nardini, è intento a bere un caffè con piglio gravoso, come se si trattasse di un’operazione delicatissima, ma, non appena vede Federica entrare, si scioglie in un amichevole sorriso e le fa un occhiolino d’approvazione. Federica, ancora non del tutto rimosso l’imbarazzo, si guarda in giro in cerca di un posto libero.
Mille occhi la incrociano ma senza guardarla: occhi spenti, stanchi per il tanto lavoro – probabilmente intensificato di recente per potersi permettere quel viaggio –, occhi preventivamente malinconici, per un ritorno che sanno essere temporaneo e al quale seguirà un nuovo lungo periodo di lontananza. Che idea bislacca... andare a Parigi prendendo un pullman per Kiev! Ma d’altronde, quando i soldi scarseggiano e si decide all’ultimo di viaggiare, qualcosa bisogna pur inventarsi.
« Babbo, vado a Parigi questo weekend. »
« Bimba, sai che non io non ho tanti soldi da... »
« Ho trovato un volo della Ryanair a quindici euro! »
« Ma è fantastico! »
« ... con partenza da Bratislava. »
« Ah. E come pensi di andarci? »
« Ecco, mi chiedevo, voi, inteso come la compagnia per cui lavori, non fate viaggi in pullman per l’Europa dell’est? »
« Sì, Prato-Kiev, passando per Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia... »
« E non è che mi potreste dare, come dire, uno strappino? »
« Beh, effettivamente a Bratislava ci passiamo proprio... »
« Ti amo, ti amo babbo! »
Parigi, Gare Montparnasse, ore 23:50
Trovare un parcheggio a Parigi è un’impresa titanica e Niccolò si sente più o meno come si deve essere sentito Ercole dove aver inseguito il toro per tutta Creta; e averlo catturato vivo. Aspetta il suo compagno di covoiturage. Si è iscritto al sito il giorno prima e, in meno di ventiquattr’ore, ha trovato un compagno di viaggio con cui dividere le spese. Meglio di niente, no? Il telefono squilla: è mamma.
« Nicco, tuttobéne? », incalza subito mamma Paola con il suo accento tosco-barese.
« Sì sì mamma, tutto bene. »
« E dove sei? »
« A Parigi, ad aspettare il tipo del covoiturage. »
« Del cosa? Ah sì... Mai sei sicuro? Viaggiare di notte... »
« Sì mamma... »
« Un viaggio lungo... »
« Mamma, io devo farlo. »
« E non ti importa del lavoro? »
« No, è tutto ok, ho fatto sapere al ristorante... »
« E non ti importa di viaggiare con uno sconosciuto? »
« Mamma... »
« E non ti importa di me e papà che stiamo in pensiero? »
« Mamma, non me ne frega una sega! »
Quando ci vuole ci vuole.
Eccolo che arriva, R. Boitard: un tipo cicciotello, quasi calvo, dall’aria sveglia.
« Bonjour, vous êtes Niccolò? »
« Oui, c’est moi. »
« Ronan, enchanté. »
« Monta su, dai! »
Autostrada A2 (Süd Autobahn), nei pressi di Gleisdorf, ore 6:45
Colazione con Teofania, simpatica polacca dai capelli violacei: “menu carinziano” per lei – cioè praticamente tutto: uova, speck, formaggi... –, begel e caffè per Federica. Caffè... come se ci fosse bisogno di stare svegli, dopo aver passato una notte insonne, a fissare le gocce di pioggia sul finestrino e a sentire la voce monocorde dell’auto-elettasi guida Svetlana – una russa sulla sessantina – snocciolare i nomi delle varie località. Bologna zdes'. Padova zdes'. Udine zdes'.
« ... ed è dura lavorare in Italia, come... come...? »
Teofania scoppia in una risata indulgente.
« Ma guarda che non tutte le donne dell’est fanno le badanti! »
E via a raccontare del fatto che lei è una critica d’arte, venuta a Firenze per trattare alcune opere per conto della galleria d’arte contemporanea di Katowice. Che vive per un terzo del tempo in Toscana, per un terzo in Polonia, e per un terzo a New York. Che il suo compagno è un imprenditore brianzolo. Che... Federica si perde nel racconto, perché in realtà ha la testa a Parigi, a Lui, alle passeggiate fatte con lui nel quartiere del Marais... E poi Montmartre, Parc Monceau, e giù fino all’Arco di Trionfo se le gambe reggono.
« E tu invece stai andando da lui, vero? »
Annecy, centre ville, ore 7:30
« C’est bon ici? »
Ronan emette uno “oui” appena comprensibile, con la bocca ancora impastata dal sonno. Ha dormito tutto il tempo il “tipo dall’aria sveglia”. « Meglio così », pensa Niccolò, « almeno non si è reso conto che ho messo Midnight City degli M83 tipo otto volte. ». La canzone ideale quando dai del tu alla notte e non vuoi o non puoi dormire. Ronan fa dei gesti non molto coordinati con le mani, per spiegare come riprendere l’autostrada.
« Et merci, hein! »
Grazie a te, Ronan, sei stato un compagnone. Niccolò riparte, affidandosi più all’istinto che ai gesti di Ronan. C’è molto legno in Alta Savoia! Dev’essere l’influenza svizzera. Persiane in legno, staccionate in legno, casottini in legno che compaiono qua e là... E il pensiero corre alla porta di casa di Lei, una semplice porta blindata rivestita in legno – rivestimento “modello Tolosa” per la precisione –, che lei non ha mai amato e ha ricoperto con qualsiasi cosa, trovando ogni pretesto possibile per appendervi oggetti di ogni sorta: un panciuto babbo natale sotto le feste, una colomba-peluche a Pasqua, un sole in ceramica gigantesco durante tutta l’estate... oltre alle varie ghirlande di base.
« Ma è una porta, non una bacheca! »
« Ma non mi piace! »
« Ma tuo padre c’ha speso una fortuna! »
« Ma mi mette ansia il legno, così, nudo! »
Ma dovresti venire ad Annecy allora.
Bratislava, Aeroporto Milan Rastislav Štefánik, ore 10:15
Federica ha lasciato la Compagnia dell’Est, ha preso l’autobus dalla stazione di Bratislava – seguendo le preziose indicazioni della tuttologa Teofania –, ed ora si trova con largo anticipo all’aeroporto. Se non fosse un po’ lunghetta, ci sarebbe da indicarla alle agenzie di viaggio come soluzione low-cost: Prato-Parigi passando da Bratislava. Non ha sonno, solo un po’ la testa che le rimbomba. È stanca, quello sì, d’altronde è partita la sera prima dopo una giornata intera di corsi all’università; ma in un viaggio la propensione a dormire è inversamente proporzionale alla distanza che ti separa dalla meta. E soprattutto proporzionale a quanto quella meta la desideri. A Federica piace quando ha tempo, perché di solito è di corsa. E allora prende a fare quelle cose che, di solito, non ha il tempo di fare: aggiustare la data sull’orologio, passarsi il lucidalabbra, cancellare qualche messaggio e contatto sul telefonino. Già che c’è, lo spegne pure, il telefonino, casomai se ne scordasse dopo. Poi un giro per l’area gate. Tanti negozi, vetrine luccicanti, profumi, gioielli, salami e formaggi che sembrano pietre preziose; e ancora profumi, e ancora vetrine luccicanti. Bratislava è una piccola Parigi.
Autostrada A12, area di servizio “Riviera Sud”, 13:00
Il sonno no, ma la fame sì, quella si sente. Niccolò ha deciso di fermarsi il più possibile vicino a Camogli, per prendere un “camogli”: a occhio e croce c’è un errore di una trentina di chilometri e forse l’autogrill precedente era il più indicato, ma si ritiene soddisfatto. Immerso nei calcoli geografico-probabilistici, si è dimenticato che è da un pezzo in Italia e che le chiamate verso i cellulari italiani non gli costano più una fortuna. Prova a chiamare lei, non per dirle dell’improvvisata ma solo per salutarla, che è diverso tempo che non si sentono. A dir la verità, hanno proprio litigato, una settimana fa: una di quelle litigate burrascose che sembrano sempre definitive, ma che poi, alla fine, come le burrasche passano, lasciando impercettibili segni. Il telefono è staccato. L’ansia e la preoccupazione sono due colleghe dell’insonnia. No no, andrà tutto bene Niccolò; ora vai da lei e le dici che voi due siete esattamente come il prosciutto e il formaggio nel camogli: fatti per stare insieme. Ma non si tranquillizza e non dorme Niccolò. Ed è anche bene così, visto che ha ripreso a guidare.
Parigi, 13ème arrondissement, ore 16:00
Le ultime due ore sono un susseguirsi di operazioni ormai meccanizzate, per le tante volte che sono state eseguite, ma che richiedono comunque una lucida attenzione: vietato dormire. Andare dal terminal fino alla fermata dei bus; farsi l’oretta e mezza di navetta da Beauvais fino a Porte Maillot; prendere la metro 1, cambiare a Bastille e prendere la 5 fino a Saint-Marcel; correre al 12 di Rue des Wallons tra le braccia di lui.
Quando Federica bussa alla porta – i suoi inconfondibilmente ritmati toc toc –, Jean-Luc capisce immediatamente che si tratta di lei. La reazione – la porta aperta, il primo abbondante abbraccio – è visibilmente contenta ma misurata, un po’ per la generale poca espansività dei ragazzi francesi e un po’ perché la sorpresa di Federica non era propriamente tale; in qualche modo Jean-Luc se l’aspettava. Seguono baci e carezze, sussurrati “oh ma chérie” e meno sussurrati “oh mon chéri”, abbracci meno abbondanti ma più dolci, intimi. Mezz'ora passa come se fossero solo pochi minuti.
« Hai dormito nel bus, ma chérie? », fa Jean-Luc in un italiano precario, emergendo dal groviglio di coccole.
« No, non avevo sonno... »
« Oh piccola, devi essere stanchissima... Riposati! »
« Ok, mon chéri, mando solo un messaggino con il cellulare e mi butto sul letto... con te. »
Un sms che deve a un suo amico d’infanzia, con il quale ha condiviso sempre molto: scuole, interessi, segreti, e una certa curiosità verso il mondo fuori.
« Ehi Nicco, che buffa sta storia dei tragitti incrociati! Io sono arrivata ora a Paris, missione compiuta. E tu? »
Prato, zona Mezzana, ore 16:05
« L’amore... », suggerisce con tono di sfida la signora Pertini.
« L’amore è la prima causa di insonnia. », risponde il signor Pertini, soddisfatto di aver completato con prontezza una delle massime della sua amata moglie. Occhiataccia e broncio evitati.
La signora Pertini ricambia con un sorriso malizioso, appena turbato – se lo si osserva attentamente – da una puntina di amari ricordi. Delle notti insonni e dell’ansia accumulata ad aspettare, in numerose notti insonni, il ritorno a casa dell’amato marito, allora poliziotto della stradale. La vita post pensionistica si trascina ora senza sussulti e talvolta soporifera, ma per lo meno desta molte meno preoccupazioni. La signora afferra con una mano il sacco della spezzatura – il comando sempre a lei –, con l’altra chiede sostegno al marito, dando così inizio alla consueta passeggiata pomeridiana. Ma prima di partire lancia un ultimo sguardo a quel simpatico ragazzo, già visto diverse volte, che siede affranto nel pianerottolo: Niccolò.
Ha gli occhi chiusi, Niccolò, ma si vede che non dorme. Troppa delusione, troppe domande, troppe ipotesi che non soddisfano. Il cervello è stato già martoriato a sufficienza, si dice, il telefonino pure: c’era un messaggio di un’amica ma non la risposta che cercava. E allora non può far altro che starsene lì, ad aspettare che Morfeo si convinca a concedergli la sua pietà. Starsene lì, addossato a una porta spogliata di ogni traccia.