“I’m going home now.”
“Beh dai, è carino.”
“Visto? E' un pub bellino, ma soprattutto tranquillo. Il posto giusto per fare due chiacchiere tra vecchi amici. Com'è la tua birra?”
“Fresca e corposa, veramente ottima.”
“Bene! Però dai, ho acconsentito a sederci a questo tavolo seminascosto, ma almeno smetti di stare ingobbito; non ti riconoscerà nessuno qui, stai calmo.”
“Meglio, stasera non ho proprio voglia di mettermi a firmare autografi.”
“Se fossi io il grande Felix Baumgartner non vedrei l'ora di circondarmi di ammiratori, e soprattutto di ammiratrici! E invece tu guardati, sei sempre a nasconderti.”
Domani è un giorno come un altro di Asintoto
"Domani è un giorno come un altro".
Mi ero chiesto se anche quel giorno avrei sentito quella frase, come ogni giorno. Mi ero chiesto se anche questo domani fosse un giorno come un altro. A quanto pareva, sì.
"Domani è un giorno come un altro".
La particolarità di questo domani è che sarebbe stato l'ultimo. Dopo lunghi mesi in quella cella, mesi in cui aveva ripetuto senza sosta questo mantra, la sentenza era arrivata e con lei la condanna a morte. Ciononostante, a quanto pareva, per il Vecchio domani sarebbe stato un giorno come un altro.
Lo chiamavamo il Vecchio nonostante avesse meno di cinquant'anni. Di lui sapevamo quello che c'era scritto nel suo fascicolo, ovvero ben poco: genitori russi, il nome e la ragione per cui era lì. Era pazzo, ma a quanto pare non abbastanza per salvarsi dalla pena capitale.
"Domani è un giorno come un altro".
Sunshine di Tavajigen
Prima la luce, poi il buio. Di continuo.
Luce e buio, sempre alternati, con la stessa frequenza.
Da quante ore stava andando avanti questa tortura? Casian aveva perso il senso del tempo.
Comincia a fare freddo, la fine è vicina.
Sentì la mente scivolare via e pensò che forse lasciarsi andare sarebbe stata la soluzione migliore, o magari quella più facile; ma l'istinto di sopravvivenza e l'intenso addestramento a cui si era sottoposto negli ultimi anni lo costrinsero a reagire, a fissare il pensiero su qualcosa, su qualcuno.
Anna, non vieni a salutarmi?
La donna apparve davanti a lui, come una settimana prima.
Sei sicuro di partire?
La rosa di Westminster di 6Rimbaud
Tra le grandi cose prodotte dalla mano dell’uomo certamente va ricordata l’abbazia di Westminster. Ma in questa sede non si parlerà propriamente della grandiosa bellezza austera della cattedrale anglicana.
Capitò che mi trovassi a Londra per lavoro, poco tempo fa. Riuscii a ritagliarmi del tempo per andare a vedere una cosa che in pochi conoscono.
Anni prima, in Italia, avevo conosciuto una ragazza giapponese appassionata di architettura e fotografa di professione.
Mi fece vedere la fotografia – una sua fotografia – di una piccola mattonella in ceramica raffigurante una rosa bianca su sfondo blu. L’immagine era molto nitida e talmente esatta da farmi volere toccare quel piccolo capolavoro. Quella rosa – mi disse – la potevo vedere a Londra, all’interno del chiostro a cui è possibile accedere dalla navata destra dell’abbazia di Westminster.
"NOTTE PRIMA DEI ROTTAMI" di gensi
Marco, classe 1964, nato a Lodi, un'adolescenza passata principalmente a Milano durante il periodo scolastico. Poi qualche lavoretto saltuario fino all'apertura della partita IVA ed alla decisione di diventare agente di commercio.
Un amico del padre, infatti, era appena diventato direttore commerciale di una società piuttosto importante ed affermata del settore dei prodotti abrasivi per metalli preziosi ed aveva bisogno di forze giovani per macinare chilometri e portare i propri prodotti quanto più lontano possibile sul territorio italiano.
Qualche anno dopo, quando il lavoro girava, incontrò Carolina, neo assunta negli uffici commerciali.
Le litigate e le incomprensioni furono molte i primi tempi al punto che Marco domandò ripetutamente al direttore amico del padre di non far più seguire i propri clienti da quella che definì "pazza psicopatica".
"MODULO C-09" di Acciaio
La porta si apre, due guardie trascinano il Dottor Roman al cospetto dell'agente Vadim.
- Buongiorno dottore - esordisce Vadim - Come andiamo oggi?
- Come ieri o il giorno prima o quello prima ancora. Non ci sono molti cambiamenti qui a all'Hotel Ambassador cinque stelle - Roman sorride a denti stretti.
- Bene, vedo che siamo di buon umore. Questo ci aiuterà a fare presto e dopo che mi avrà raccontato i fatti di Tunguska la lascerò andare.
- Ancora? Ho già spiegato tutto più di cinquant'anni fa e mi hanno rinchiuso qua dentro per poi buttare la chiave. Ora spunta fuori lei e vuole ancora informazioni su Tunguska? Dove è stata la madre russia in tutti questi anni?
- Dottor Roman, capisco la sua frustrazione, ma qui le domande le faccio io. Non le deve interessare il motivo per cui sono qui e perchè voglio informazioni da lei. Allora, mi ripeta quando si è fatto quel tatuaggio e cosa rappresenta.
Roman ha la parte superiore del corpo completamente tatuata. E' tutto nero tranne che per una miriade di puntini bianchi fittissimi.
"PASQUA" di Andy Dufresne
Un uomo nudo camminava con fare tranquillo. La sua folta chioma, le ferite ancora aperte, gli addominali ipertrofici e la barba da uomo saggio gli conferivano una sicurezza che gli avrebbe potuto permettere di sfidare il diavolo.
Aveva visto una figura femminile in lontananza, voltata di spalle, ma la riconobbe solo dopo aver percorso pochi metri. Decise di prenderla alla sprovvista.
- Cucù!
- Oh Cristo!
Sul volto dell’uomo apparve un riso sardonico – Esatto!
Lo stupore della donna era pari a quello di chi volgendo lo sguardo al cielo vede le stelle per la prima volta.
- Perché fai così Maddy? – terminata la domanda Gesù ebbe un’intuizione che gli parve brillante – Sono nudo solo perché il sudario è tutto sporco di sangue! Lo sai che mi fa senso.
La Maddalena non mutò espressione. La già troppo tartassata pazienza di Cristo se ne andò a farsi benedire.
- Se ti faccio così schifo noli me tangere. Pussa via.
Un morto vorrebbe un minimo di festeggiamenti alla sua resurrezione, non capita di certo tutti gli anni.
"ANGELO CUSTODE" di Andy Drufesne
Vendetta. Ogni cellula del mio corpo ti brama, ma sarò paziente.
- Buongiorno, sono Angelo, custode del museo, cosa posso fare per lei?
- Se continui a rispondere così la gente ti chiederà di farle vedere le ali.
- Simpaticone!
- Tu prima o poi accendili quegli occhiali, altrimenti che te li mando a fare i messaggi? Comunque per stasera va bene.
- Mea culpa, sono un po’ rincoglionito. Passami a prendere verso le otto e mezza.
È una dannata giornata di pioggia e il Custode fatica a camminare sulle sue gambe ancora lievemente atrofizzate. I quattro anni di coma non sono stati dimenticati dai suoi muscoli.
L’Amico lo sorregge prendendolo per il braccio, un gesto che l’orgoglioso Custode percepisce come miserevole carità.
Entrando nel pub irlandese, che d’irlandese ha solo qualche trifoglio qua e là, vengono sommersi da un silenzio che sarebbe paradossale in un pub, a meno che se non si tratti delle nove di un mercoledì sera qualunque.
"A PONTRHYDYRUN" di marcoslug
– Preacher Evan... io...
Hank attacca con tono quasi supplichevole, gli occhi socchiusi in una fessura quasi filiforme, e, senza la dovuta discontinuità cromatica, l’alta fronte lentigginosa e le scarne gote sembrano un cielo noioso con tante piccole stelle. Le parole non escono, eppure il cuore divampa. Hank si slancia verso l’anziano Pastore, ma le gambe, le lunghe gambe, inciampano nel tavolo che li divide. Difficile controllarle sempre. Poi finalmente i maldestri sussulti trovano sbocco in uno sbilenco e liberatorio abbraccio. Bagnato da liberatorie lacrime.
– Io... io vorrei solo passare inosservato...
Inondato di liberatorie lacrime.
– Oh mio Hank, oh mio piccolo Hank... Il Signore ti ha dato questa natura. Devi accettarla, perché il Signore opera sempre a ragione. Devi... devi solo trovare il modo di assecondarla.
Preacher Evan si prodiga in rassicuranti e circolari discorsi, ciondolando la sua testa di cartapesta, ed anche le spesse mani, che tengono strette uno strano amuleto a forma di corvo, disegnano traiettorie confortevoli. Ma tutto il resto – le nude pareti del bugigattolo in cui si trovano e il tavolo scomposto e la grigia radura fuori – sembra dire tutt’altra cosa: triste e grama la vita del gigante.
"VIAGGI DIVERGENTI" di marcoslug
Prato, Piazza Stazione Centrale, ore 20:30
« Babbo, ma sei sicuro? »
« Vai libera, Fede! Gliel’ho detto a i’ Nardini. »
« E...? »
« E non c’è alcun problema! Sai quanti favori i’ Nardini mi deve... »
« Ok, dai. Bacio! »
« Ciao, bimba! Oh, mi raccomando, occhi aperti! »
« Ma babbo, così mi spaventi! »
Federica: ventitre anni, un corpo agile e spigoloso ma generoso laddove c’è da essere generosi, una frangetta indisciplinata, un senso della giustizia pari solo a quello dell’avventura e del sapersi arrangiare. Sale sul pullman, dopo aver depositato con cura la borsa-weekend nel vano portabagli. Il conducente, il signor Nardini, è intento a bere un caffè con piglio gravoso, come se si trattasse di un’operazione delicatissima, ma, non appena vede Federica entrare, si scioglie in un amichevole sorriso e le fa un occhiolino d’approvazione. Federica, ancora non del tutto rimosso l’imbarazzo, si guarda in giro in cerca di un posto libero.